America, una sentenza di materia di eredità dei dati digitali
In ottobre la Corte Suprema del Massachusetts, negli Stati Uniti, si è espressa sul destino dei dati digitali all’indomani della morte dei loro proprietari. La sentenza è stata formulata a seguito di una vicenda giudiziaria, cominciata nel 2009, che ha visto opposta la società Yahoo ai fratelli di un 43enne morto a causa di un incidente stradale. Pur non disponendo delle credenziali di accesso, i familiari della vittima avevano chiesto alla tech company di poter accedere alla sua casella email per verificare se ci fossero eventuali informazioni riguardanti le volontà testamentarie. Appellandosi alle norme in materia di privacy contenute nello Stored Communications Act (SCA) del 1986, Yahoo aveva respinto la richiesta.
Dopo un primo giudizio, la Corte Suprema del Massachusetts ha stabilito che la legge del 1986 non fa alcun riferimento diretto alla impossibilità di accedere ai dati digitali lasciati da una persona defunta da parte dei suoi familiari. Allo stesso tempo però, ha decretato che occorrerà un nuovo giudizio di primo grado per stabilire se Yahoo dovrà o meno consegnare le credenziali.
Su una testata di settore si legge che, in sede di nuovo giudizio, questa sentenza dovrebbe avere un notevole peso specifico a favore delle tesi dei familiari. A sostegno di ciò, interverrebbe anche una dichiarazione scritta rilasciata da uno dei giudici della Corte Suprema del Massachusetts: “se i giudici di primo grado avessero negato la richiesta dei familiari e dato il proprio assenso alla distruzione delle email da parte di Yahoo, avremmo sicuramente condannato questo orientamento”.
Ciononostante, come si legge nella notizia citata in precedenza, alcune tematiche di particolare rilevanza restano tuttora irrisolte. La prima riguarda proprio l'obbligo di consegna delle credenziali di accesso: ad oggi non è ancora chiaro se Yahoo debba o meno agire in tal senso. Più in generale la sentenza – non a caso molto attesa nelle varie cerchie degli addetti ai lavori – testimonia di una spaccatura abbastanza netta tra due correnti di pensiero.
Su Quartz ad esempio si riportano pareri giuridici e accademici abbastanza contrastanti. Da un lato c’è chi sostiene che assecondare le richieste di Yahoo “condannerebbe tutti coloro che dovessero morire senza fornire indicazioni precise in materia, ad una sorta di purgatorio dei dati”. Dall’altra, autorevoli giudici difendono a spada tratta l’operato di Yahoo: “la persona deceduta aveva deciso di non condividere queste informazioni - dichiara un giudice che sostiene le ragioni della tech company - né ha usufruito in vita degli svariati strumenti che Yahoo offre per esportare e conservare i propri dati offline. Permettere l’accesso ai contenuti è un atto privo di motivazioni e non necessario”.