Blockchain, dalle sperimentazioni ai networked public services
Sul sito di McKinsey&Company è stato pubblicato un articolato approfondimento sulle prospettive di utilizzo delle blockchain in ambito pubblico per la progettazione e realizzazione di servizi che assicurino la massima integrità e sicurezza possibile di dati ad elevato livello di sensibilità. Gli autori introducono l’argomento facendo riferimento a diversi esempi di sperimentazioni già in atto a livello internazionale (alcuni dei quali oggetto di attenzione nell’ambito di un approfondimento segnalato nei mesi scorsi).
Quindi, in un’ottica evolutiva, formulano l’idea che il vero potenziale rivoluzionario delle blockchain, anche in ambito pubblico, può consistere nella progettazione e realizzazione non di singoli servizi e funzionalità, quanto di quelli che vengono definiti come reti di servizi pubblici, “networked public services” nel testo originario.
Di norma - si legge nel testo - i governi conoscono molto degli individui e delle organizzazioni grazie ai dati che raccolgono. Siccome però queste informazioni sono raccolte in contenitori verticali paragonabili a dei silos, spesso non si riesce a sfruttarne tutto il potenziale.
Da un punto di vista tecnico, non ci sono buoni motivi per continuare a custodire i dati nei silos. Con alcuni sforzi, i governi potrebbero creare delle repositories centrali o dei sistemi di impresa per la condivisione delle informazioni tra le agenzie. Un nodo critico rimarrebbe la sicurezza dei dati, perché al pari delle loro controparti nel settore privato, le agenzie pubbliche non possono permettere un accesso indiscriminato ai dati di natura sensibile, in nessuna circostanza. Ciò che viene richiesto è un ambiente nel quale i dati possano essere facilmente condivisi tra i vari sistemi, ma che permetta allo stesso tempo agli individui e alle organizzazioni di rientrare in possesso o verificarne i flussi: chi può accedervi, cosa può vedere e in quali circostanze.
L’emergente tecnologia blockchain può essere funzionale alla realizzazione di un simile scenario. Ogni persona o organizzazione potrebbe disporre dei dati rilevanti di proprio riferimento (informazioni personali di base, ad esempio, o tracce di passate transizioni con le agenzie governative) in un libro mastro (il termine tecnico inglese originario è ledger ndr) dedicato all’interno di un database blockchain criptato. Gli individui e le imprese potrebbero accedere a questo libro mastro tramite Internet. Gli utenti potrebbero quindi dare alle agenzie l’autorità di leggere o modificare alcuni elementi specifici del loro libro mastro, usando sistemi crittografici a chiavi pubbliche e private; potrebbero usare le chiavi pubbliche per condividere in maniera selettiva alcune informazioni relative a particolari servizi e transazioni con le agenzie, o potrebbero rilasciare le chiavi private alle agenzie per singole operazioni di accesso e “scrittura” dei loro dati.
In alcune circostanze, si potrebbero stipulare dei contratti smart grazie ai quali alcune agenzie designate potrebbero accedere a determinate tipologie di informazioni in presenza del rispetto di alcune condizioni. Ad esempio, se coloro che ricevono dei sussidi di disoccupazione dovessero essere condannati, questa informazione potrebbe essere trasmessa in automatico all’agenzia del lavoro, di modo che i pagamenti vengano interrotti durante la durata della pena. Le agenzie sarebbero in grado di usare contenuti informativi di natura molto specifica per i propri scopi, senza per questo avere accesso illimitato a tutti i dati che riguardano gli utenti finali.
L’uso dei libri mastri basati sulle blockchain ridurrebbe il rischio di accessi indiscriminati (grazie ad una crittografia di tipo forte) e manipolazione dei dati (attraverso audit trail a prova di manomissione). In tal modo i servizi pubblici potrebbero realmente essere condivisi in rete in maniera affidabile, senza il rischio di violare i diritti in materia di privacy. Gli individui e le imprese non dovrebbero più perdere tempo a riempire moduli contenenti informazioni che hanno già fornito al governo. E le agenzie potrebbero disegnare i servizi per venire incontro ai bisogni individuali, piuttosto che sviluppare servizi generalisti rivolti in maniera indiscriminata all’intera collettività.
La trattazione viene ulteriormente sviluppata con la fornitura di ipotesi sulle modalità di adozione e progressiva diffusione delle soluzioni blockchain in ambito pubblico. Gli autori sottolineano che il settore tecnologico di riferimento è ancora in rapida evoluzione e che questo comporta al momento dei rischi e dei limiti, a cominciare dalla mancanza di standard riconosciuti e accettati a livello globale. Un altro nodo critico resta quello dei rischi connessi alla tutela della privacy. I governi dovrebbero scegliere soluzioni che offrano la garanzia assoluta del fatto che i dati personali e sensibili vengano gestiti nelle più elevate condizioni di sicurezza. Sia in riferimento a questo aspetto, sia per capire in che modo questo nuovo settore sta evolvendo e quali potrebbero essere i partner e le soluzioni più funzionali ai propri scopi, nell’articolo si raccomandano delle approfondite attività di analisi e studio iniziali.
L’invito, in buona sostanza, è a non considerare le blockchain una nuova “moda tecnologica” da abbracciare entusiasticamente ma con scarsa consapevolezza. Gli esperti di McKinsey&Company raccomandano piuttosto un approccio da “incubatore” per testare le prime soluzioni in materia. In termini pratici ciò potrebbe tradursi nella creazione di un piccolo team incaricato di vagliare e individuare le priorità in termini di opportunità che possono derivare dall’adozione delle blockchain, e quindi scegliere i partner più ideali per partire. Un processo di sperimentazione ideale, si legge nel testo, dovrebbe riguardare dei servizi che, una volta ridisegnati basandosi sulla tecnologia blockchain, arrechino benefici evidenti e misurabili per gli utenti finali, quali ad esempio la possibilità di non dover più compiere azioni ripetitive, costose e molto dispendiose in termini di tempo.
Quindi, basandosi sui risultati derivanti da queste sperimentazioni, si potrebbe proporre un approccio incrementale che porti nel tempo a fare tesoro dell’esperienza e permetta alle agenzie, anche in un’ottica collaborativa su scala nazionale e a seguire internazionale, di definire standard, policy e regole di sicurezza condivise.
La tecnologia blockchain - concludono gli analisti - è portatrice di grandi opportunità per quei governi che sono in cerca di modi migliori per gestire e proteggere le informazioni sensibili. Essa apre una strada da percorrere con entusiasmo per realizzare operazioni più efficienti, servizi più performanti e una maggiore sicurezza dei dati. Come però possono confermare i primi sperimentatori nel campo finanziario, occorrerà del tempo per arrivare a una piena maturazione della tecnologia. Adesso è il tempo della sperimentazione. Contemplando le blockchain nelle proprie politiche di innovazione - facendone una componente critica delle proprie architetture organizzative - le amministrazioni potranno imparare cosa funziona alla prova concreta dei fatti e come sbloccare l’intero potenziale dei servizi data-driven.