Competenze e controlli per la conservazione digitale
Su Agenda Digitale è stato pubblicato l’articolo Conservazione archivi digitali, servono competenze e controlli: ecco come, a firma di Mariella Guercio. “I problemi di governance e sostenibilità affliggono il campo della conservazione degli archivi digitali - si legge nell’abstract - principalmente per la mancanza di figure qualificate per valorizzare queste infrastrutture critiche. Emergono, tra le altre, le necessità di impiegare skill interdisciplinari e di maggiore collaborazione tra istituzioni". Di seguito l’introduzione:
Coerenza normativa, professionisti qualificati, controlli e collaborazione tra gli enti: sono queste le sfide da affrontare per la conservazione digitale dei documenti. Lo scenario attuale infatti fa emergere tutte le difficoltà dell’ambito, soprattutto in tema di governance. Eppure, gli archivi digitali per la loro importanza sono da considerarsi infrastrutture critiche – basti pensare che la perdita dei contenuti può mettere a rischio le organizzazioni del Paese. Di seguito dunque analizziamo la situazione.
Archivi digitali, tutti i problemi
Sempre più spesso esperti di diversa provenienza intervengono sul tema dei documenti digitali, senza alcuna conoscenza di quanto sia già stato elaborato a livello internazionale ed europeo, oltre che nazionale, e di quanto sia stato realizzato in ambienti tecnologici maturi e abbia dato risultati consolidati e, soprattutto, senza la consapevolezza di quanto sia complesso conservare archivi digitali. Certamente, l’innovazione tecnologica propone continuamente nuove soluzioni in grado di scardinare strutture consolidate e talvolta inefficienti ed è bene, quindi, che tecnici e ricercatori impegnati nei settori tecnologicamente più innovativi e avanzati affianchino chi sviluppa e gestisce i sistemi di conservazione.
Le nuove frontiere raggiunte dall’evoluzione tecnologica non possono essere ignorate da chi si occupa di gestire e conservare i patrimoni documentari digitali, ma certamente non forniscono risposte immediate ai nodi più impegnativi che la trasformazione digitale delle memorie documentarie incontra da tempo nelle attività di produzione, tenuta, gestione e fruizione dei nuovi patrimoni. Anzi, sono proprio le disruptive technology a sollevare talvolta nuove importanti criticità – almeno in questa fase e, da quel che emerge dagli studi di settore, ancora a lungo – rispetto al bisogno irrinunciabile che le istituzioni, le imprese, i ricercatori, gli individui hanno di disporre nel tempo (in particolare nel lungo periodo) di contenuti persistenti e certi e di una fruizione efficace, curata e contestualizzata. Disporre di archivi fidati e di istituzioni e servizi certificati e credibili risponde infatti a un’esigenza di democrazia, soprattutto quando riguarda la documentazione pubblica ed è considerato in molti paesi un elemento costitutivo dello stesso diritto di cittadinanza. È quindi indiscutibile che questa funzione sia affidata a profili professionali qualificati in grado di coniugare con visione strategica e intelligenza tecnologie di automazione e intermediazione umana.
Purtroppo, in Italia più che altrove, le istanze che derivano dalla riflessione critica, anche se riguardano e difendono gli interessi di tutti, sono raramente considerate e rispettate, soprattutto quando implicano la presenza di persone competenti, strumenti e regole condivise, controlli impegnativi, in poche parole quando si richiedono investimenti sia da parte delle pubbliche amministrazioni sia da parte delle imprese di settore. Eppure non ci sono alternative, con buona pace di quanti suggeriscono interventi apparentemente facili, come quello di affidarsi alle applicazioni di blockchain per gestire anche in questi contesti critici problemi di certezza e di controllo delle provenienze e dell’integrità, qualunque sia il tipo di transazione digitale. O ancora propongono di produrre informazioni di classificazione e di formazione delle aggregazioni funzionali (ad esempio i fascicoli) affidandosi – senza mediazioni – a processi di indicizzazione automatica. Si tratta – e le esperienze condotte finora lo dimostrano ampiamente – di scorciatoie destinate a tradursi in vicoli ciechi e iniziative costose se non anche dannose, certamente fuorvianti in questa fase. È invece essenziale – soprattutto a fronte di scelte politiche irreversibili che da tempo hanno promosso e fatto evolvere un modello complesso e qualificato di trasformazione digitale – riconoscere la rilevanza specifica del problema e affrontare le questioni finora sottovalutate di governance e di sostenibilità.