Baghdad, la battaglia anti Isis si combatte anche a colpi di conservazione digitale
Prima del 2003, la Biblioteca Nazionale di Baghdad, fondata nel 1920 durante la dominazione britannica, custodiva una ricchissima collezione di documenti sulla storia del Paese. Le fonti risalivano agli anni in cui il territorio iracheno era sotto la sfera di influenza ottomana e da lì in avanti ricostruivano secoli di eventi, fino alle turbolente vicende del 1900, che si aprì con la nascita di uno Stato indipendente, proseguì con una monarchia e si concluse con il rovesciamento di quest’ultima, la creazione della repubblica e il successivo avvicendarsi di regimi militari, fino alla dittatura di Saddam Hussein. Questo immane patrimonio ammontava a circa 417.000 libri, poco meno di 3.000 periodici risalenti all’Impero Ottomano e, tra le altre cose, una collezione di circa 4.000 volumi e manoscritti rarissimi di inestimabile valore storico. Dopo l’intervento militare statunitense del 2003, gran parte di questi documenti è andata però irrimediabilmente perduta. Tra incendi, allagamenti e altri tipi di devastazioni, si stima che circa il 25% dei volumi sia stato distrutto. Tra essi, tale destino pare abbia interessato circa il 60% degli antichi archivi ottomani. Come se non bastasse, di recente i militanti dello Stato Islamico hanno lanciato una vera e propria guerra di religione nei confronti del patrimonio artistico, culturale e religioso del Paese. Nella città di Mosul ad esempio, a inizio 2015, i militanti del gruppo terroristico hanno dato alle fiamme la biblioteca pubblica locale, distruggendo oltre 8.000 tra antichi volumi e manoscritti. Le conseguenze dell’attacco sono state talmente funeste che le Nazioni Unite hanno parlato di “uno dei più devastanti atti di distruzione di collezioni librarie nella storia dell’umanità”.
In questo triste scenario, c’è però fortunatamente chi si è messo all’opera, puntando anche sulla conservazione digitale, per salvaguardare parte del patrimonio culturale scampato alla distruzione. A inizio agosto, un articolo dell’Associated Press, prontamente ripreso da diverse testate (tra cui l’italiana La Stampa), ha reso noto che una task force di operatori della Biblioteca di Baghdad, guidata dal responsabile del dipartimento dei microfilm Mazin Ibrahim Ismail, sta restaurando parte dei documenti maggiormente danneggiati e a rischio, e successivamente li sta riversando su supporto digitale. Una prima sperimentazione a riguardo è stata effettuata su una collezione di documenti storici provenienti dal Ministero degli Interni iracheno durante la monarchia di Faisal II, che regnò sul Paese dal 1939 al 1958. “Successivamente – ha spiegato Mazin – sarà la volta di fonti più antiche, vecchie di 200/250 anni e risalenti dalla dominazione ottomana. Le restaureremo e quindi le trasformeremo in microfilm, anche se i nuovi contenuti digitali non saranno immediatamente accessibili al pubblico, perché per ora l’obiettivo primario è di preservare le fonti da nuove minacce”.
L’Associated Press paragona il lavoro di restauro in corso a veri e propri interventi di microchirurgia. Ogni documento è stato danneggiato per cause ed eventi talmente singolari da rappresentare una sorta di storia nella storia. Alcuni manoscritti sono usurati per il troppo utilizzo o a causa del semplice passare del tempo; altri sono stati lambiti dalle fiamme; altri ancora sono stati macchiati e rovinati in altro modo, a causa di attacchi o altri atti di sabotaggio. Alcuni volumi sembrano addirittura dei fossili: vittime del mix letale causato dalle temperature torride e dagli altissimi tassi di umidità che colpiscono il Paese per lunghi periodi dell’anno, nell’articolo sono descritti come “grosse pietre che paiono scavate dal terreno”. “Si tratta dei libri più difficili da restaurare – ha spiegato una delle esponenti della task force all’agenzie di stampa – per provarci applichiamo del vapore sulle pagine con un apposito strumento e poi proviamo a separale. A volte ci riusciamo, e successivamente interveniamo con ulteriori tecniche di restauro; in alcuni casi però, il danno è purtroppo irreversibile”.
Andando ancora più nel dettaglio, nella nota si precisa che i tecnici cominciano il proprio lavoro sterilizzando i manoscritti per circa 48 ore, provando a liberarli dalla polvere e da altre impurità accumulatesi nel corso degli anni. Quindi arriva il momento dell’utilizzo di un particolare tipo di carta proveniente dal Giappone, appositamente realizzata per i lavori di restauro e conservazione, con la quale si effettuano dei veri e propri rammendi ai bordi dei volumi, o iniezioni di tessuto ai documenti più delicati e fragili, che necessitano di essere irrobustiti.
Oltre a queste fondamentali opere di restauro e conservazione digitale, sono in corso anche altre attività finalizzate alla salvaguardia del patrimonio culturale iracheno. Grazie al supporto della Library of Congress, negli anni scorsi è stato varato un progetto per la costruzione di una nuova sede della biblioteca nazionale. I lavori sono in dirittura d’arrivo e sempre dall’articolo dell’Associated Press si apprende che l’edificio dovrebbe aprire i battenti entro il 2016.
Infine, non manca un lavoro di diffusione di libri, manoscritti e altre opere nei territori recentemente strappati al controllo dei terroristi. 2.500 volumi sono partiti di recente alla volta della provincia di Diyala. Finiranno nelle biblioteche di alcune città fino a poche settimane fa occupate dai militanti dello Stato Islamico. “Vogliono piegare la storia alle proprie visioni invece che al fedele racconto degli eventi – ha affermato un bibliotecario di Baghdad – per questo, non appena vengono liberati nuovi territori, inviamo loro libri per ricostruire ciò che è stato rubato o distrutto. Così facendo, anche gli iracheni che vivono in queste città potranno accedere a questi documenti e sentirsi orgogliosi per la ricca storia del proprio Paese”.