Cultura e memoria, cosa resterà di questi anni digitali?

Sul sito del collettivo di scrittori Wu Ming, in risposta ad un articolo dedicato alla produzione delle merci e dei contenuti digitali, i lettori hanno dato vita ad un articolato confronto sulle problematiche relative alla conservazione e alla salvaguardia nel lungo periodo delle conoscenze e dei saperi prodotti, distribuiti e condivisi sui supporti informatici

immagine rilasciata con licenza Creative Commons "Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5" sul sito http://www.wumingfoundation.comIl confronto si è sviluppato in risposta all’articolo Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto: i casi Amazon e Apple, scritto dall’autore Wu Ming 1 e pubblicato sul blog Giap a fine settembre.

È stato proprio un commento di Wu Ming 1, postato lo scorso 8 dicembre, ad aprire un vero e proprio filone di discussione autonomo rispetto ai temi trattati nell’articolo originario. Il commento era relativo ai problemi che potrebbero derivare nel lungo periodo per quanto riguarda la conservazione e il tramandamento di quanto oggi viene realizzato diffuso e condiviso in digitale, ovvero della grandissima maggioranza, se non della totalità ormai, dei prodotti culturali della nostra epoca. Nel giro di pochissimi giorni, lo spunto ha raccolto più di 100 repliche, riflessioni e osservazioni da parte di decine di lettori e, anche tenendo conto di tutto questo interesse, su proposta dello stesso Wu Ming 1, è allo studio una sintesi dei principali contenuti emersi dalla discussione, da pubblicare come un nuovo post a partire dal quale riprendere e proseguire il confronto.

Questo il commento iniziale postato da Wu Ming 1:

“che la proliferazione di copie digitali e la natura policentrica della rete siano una garanzia, in linea di massima sono d’accordo. Però sulla presunta “eternità” di questa condizione, ho molte riserve. L’informazione è pur sempre registrata su supporti fisici (i dischi rigidi dei server, e le nostre copie di back-up sono su memorie portatili fisiche), supporti che sono molto fragili, deperibili, smagnetizzabili, e che funzionano solo se c’è corrente elettrica (e quella dell’energia è una delle questioni più spinose del futuro prossimo). In un eventuale (non improbabile) crollo di sistema, o addirittura della nostra civiltà, puff!, scomparirebbe moltissimo materiale (sicuramente tutto quello privo di “hard copy”, come suol dirsi). La “documentalità”, come la chiama Ferraris, è fortemente a repentaglio.
Anni fa scrissi un articolo sui due corni di questo dilemma, che nell’impianto mi sembra ancora attuale e utile. La pars construens era la stessa del tuo commento: www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/wm1_x_infoxoa.html

Leggi la discussione su Giap

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ultima modifica 2011-12-12T15:25:00+02:00
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