Dai documenti ai dati, quali conseguenze per l’archivistica?
Inquadrando e introducendo il tema su Memoria Digitale , Simone Vettore fa riferimento alla vera e propria esplosione quantitativa di dati digitali che sono prodotti in maniera sempre più parcellizzata, e citando aspetti come l’Internet delle cose (ovvero la produzione di dati da parte di macchine e oggetti) e il cloud computing (inteso come il salvataggio in remoto dei dati), definisce questa tendenza come irreversibile e destinata a modificare di conseguenza la stessa idea di documento.
L’autore cita la definizione di documento formulata da Roberto Guarasci (“vista, temporalmente identificata e descritta, di un processo di estrazione di dati da repository che attesta e qualifica un evento o una transazione e che costitutivamente sarebbe composta da 3 elementi principali: i log, le evidenze ed i metadati”), e la giudica particolarmente calzante perché abbraccia tutti gli elementi oggetto della sua trattazione, ossia “i dati e i processi di conservazione / ricerca / estrazione ed uso a partire da ‘depositi’ qualificati”.
Nel prosieguo dell’articolo, Vettore elenca quindi in maniera sintetica quelle che ritiene le principali conseguenze archivistiche sulle quali occorrerebbe riflettere tenendo conto di queste tendenze:
1) “Nel momento in cui il documento perde le sue caratteristiche di fissità (essendo l’esito di un processo dinamico di estrazione di dati che possono risiedere in repository geograficamente ed amministrativamente distinte) vengono meno anche le sue caratteristiche “esteriori”.
2) Pertanto risulta impossibile o perlomeno assai difficile effettuare una analisi di tipo diplomatistico per attestare, così come avviene ancora con il documento contemporaneo, la sua autenticità.
3) Al contrario è possibile garantire quest’ultima solo dimostrando l’avvenuta ‘ininterrotta custodia’ dei luoghi fisici (server) nei quali vengono conservati i dati nonché l’adozione (e l’uso effettivo!) di adeguate policy.
4) Ritorna prepotentemente dunque l’importanza di costruire infrastrutture informatiche adeguate a supportare la mole sterminata di dati che, c’è da scommetterci, la nostra società produrrà negli anni a venire”.