Il file sharing e gli amanuensi dell’era digitale
Nel suo articolo intitolato “Il crepuscolo del file sharing”, Massimo Mantellini fa inizialmente riferimento all’arresto dell’eccentrico proprietario di Megavideo e quindi, dopo avere fatto cenno alla prime reazioni conseguenti alla chiusura del sito, intrecciatesi in alcuni casi alla recente protesta contro i nuovi tentativi di legislazione statunitensi in difesa del diritto d’autore (SOPA), traccia una netta distinzione tra servizi e soluzioni come quella oggetto del fatto di cronaca, e la pratica del file sharing:
“Oggi – scrive proposito – la prima barra da mantenere dritta è quella complicata dell'analisi del lucro. Il lucro è il discrimine principale fra le battaglie digitali che vale la pena combattere e quelle che invece possiamo lasciare al loro destino. Megaupload, come buona parte dei cyberlocker e come altri servizi di storage web tipo Rapidshare, sono servizi chiaramente commerciali. A differenza delle piattaforme di sharing P2P o dei tracker torrent, sistemi che intermediano contenuti residenti a casa degli utenti della rete, sono veri e propri strumenti di pubblicazione (i primi) e di archiviazione (i secondi), con la variante non trascurabile di essere liberamente accessibili da chiunque (meglio se a pagamento). Che simili business siano i primi ad entrare in rotta di collisione con il mondo dell'industria dell'intrattenimento, desiderosa di trasformare tutto in rissa, è persino ovvio immaginarlo”.
Effettuata la distinzione, e sottolineate anche le differenze evidenti tra servizi come Megavideo ed altri come YouTube – che a detta di Mantellini “ha saputo immaginare una mediazione fra il vecchio che domina i trattati ed il nuovo che riempie le nostre menti”, e anche per questo è “diventata una insostituibile memoria storica della comunità: una risorsa che è di tutti, alla quale sarebbe folle rinunciare” – l’autore dedica un ulteriore, interessante passaggio alla pratica del file sharing, sottolineandone l’inedita, fondamentale portata per quanti hanno a cuore il tema della conservazione, e della preservazione nel tempo, dell’immenso patrimonio culturale digitale prodotto nei nostri giorni:
“Allo stesso modo molti di quanti condividono in Rete i contenuti dei propri hard disk coi sistemi di file sharing sono davvero, in mille occasioni diverse, gli amanuensi del nostro tempo: assolvono una funzione sociale inedita e necessaria. Simili piattaforme hanno indotto un ruolo di archiviazione e memoria che i cittadini della Rete hanno spontaneamente riservato a se stessi, creando un fenomeno di una ampiezza ed efficienza tali che nessuna major, nessuna biblioteca e nessuna istituzione pubblica avrebbe potuto anche solo immaginare. L'occhio curioso di chi osserva Internet ci dice che questa nuova moltiplicazione digitale è un valore documentale per tutta la società del quale non avrebbe senso privarci anche se, magari in un numero non indifferente di casi, un simile ecosistema viola in maniera più o meno palese le normative attuali sui diritti di copia e riproduzione”.