L’identikit del buon archivista digitale
Peter Chan si occupa di conservazione digitale presso la Stanford University. Come scrive sul blog The Signal, recentemente ha deciso di analizzare alcuni annunci di lavoro rivolti agli archivisti digitali, per fare il punto sulle principali competenze delle quali si è in cerca quando si mira alla loro assunzione.
Ho esaminato 8 annunci pubblicati negli ultimi 12 mesi – scrive Chan – e ho notato che le richieste variano sensibilmente di organizzazione in organizzazione. In ogni caso, tutti richiedono una formazione specifica, sia teorica che pratica, nelle materie archivistiche. Alcune istituzioni pongono più enfasi sulle abilità informatiche e preferiscono che i candidati siano in grado di programmare in PERL, XSLT, Ruby, HTML, così come che abbiamo esperienze di lavoro con i database SQL e repositories come DSpace e Fedora. In altri casi si richiede la conoscenza di diversi standard in materia di metadati. Raramente è gradita anche la conoscenza di computer forensic tool quali FTK Imager, AccessData Forensic Toolkits e i writeblockers. La maggior parte di questi tool sono come minimo familiari a chi si occupa di conservazione e collezioni digitali.
Nella mia carriera ho comunque realizzato che ci sono anche altre abilità e competenze utili per svolgere questo lavoro. Collaborando a due progetti specifici, ho capito che conoscere l’Elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing), la semantica dei Linked Open Data e le ontologie web era estremamente utile. Per questo motivo ho approfondito la conoscenza dello Stanford Named Entity Recognizer (NER) e della Apache OpenNLP library: questo mi ha permesso di estrapolare nomi personali e di organizzazioni e indirizzi dagli archivi e-mail del progetto ePADD. In aggiunta, la conoscenza di SKOS, Open Metadata Registry e Protégé mi ha permesso di pubblicare vocabolari controllati alla stregua di linked open data, e, nell’ambito del progetto GAMECIP project, di modellizzare le relazioni tra i concetti nelle consolle di videogame.
Successivamente, Chan propone una tabella che riassume i compiti nei quali si è imbattuto durante gli ultimi 6 anni, e le abilità necessarie per svolgerli al meglio. Per la sua consultazione, rimandiamo all’articolo originale in inglese: vista la presenza di molti termini tecnici, non sempre sarebbe agevole tradurre in italiano. Come si potrà evincere consultandola, la tabella è davvero ricca di compiti e relative conoscenze. Chan però rassicura i lettori. “Ho acquisito queste competenze negli anni – scrive – partecipando a progetti molto sfidanti così come a corsi, conferenze e momenti di auto apprendimento, anche on line. Chi comincia a lavorare nel campo della conservazione digitale non deve necessariamente essere già a conoscenza di tutto ciò, ma sicuramente deve essere aperto e voglioso di apprendere costantemente nuove cose da mettere in pratica”.
Concludendo, l’esperto invita anche altri professionisti nel campo della conservazione digitale a commentare la tabella e dire la propria sulle competenze ideali dell’archivista digitale modello.