La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronuncia sul diritto alla cancellazione dei dati biometrici e genetici delle persone condannate

Secondo la sentenza, emessa di recente, la conservazione generale e indifferenziata di queste tipologie di dati fino al decesso degli interessati è contraria al diritto dell'Unione

Con una sentenza emessa lo scorso 30 gennaio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la conservazione generale e indifferenziata di dati biometrici e genetici delle persone che hanno subito una condanna penale, fino al loro decesso, è contraria al diritto dell'Unione.

Le autorità di polizia - si legge nel comunicato che accompagnato la pubblicazione del pronunciamento - non possono conservare, senza altro limite temporale se non quello del decesso dell’interessato, dati biometrici e genetici riguardanti tutte le persone che abbiano subito una condanna penale definitiva per un reato doloso. Quand'anche tale conservazione generale e indifferenziata sia giustificata da fini di prevenzione, accertamento, indagine e perseguimento di reati o di esecuzione di sanzioni penali, le autorità nazionali sono tenute a imporre al titolare del trattamento l'obbligo di verificare periodicamente se tale conservazione sia ancora necessaria, e a riconoscere all'interessato il diritto alla cancellazione di tali dati qualora tale necessità sia venuta meno”.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è intervenuta a seguito del ricorso di un cittadino bulgaro che, dopo avere scontato una pena detentiva di un anno con sospensione condizionale, ed essere stato successivamente riabilitato, aveva chiesto la  cancellazione dei propri dati dal registro di polizia del proprio Paese. Le autorità bulgare avevano respinto la richiesta, sostenendo che secondo il diritto nazionale, i dati delle persone condannate possono essere conservati e utilizzati dalle autorità senza alcun limite di tempo, se non quello del decesso dei condannati. La persona interessata aveva fatto ricorso alla Corte suprema amministrativa bulgara che, a sua volta, ha sottoposto alcune questioni alla Corte di giustizia.

La Corte - si legge nel comunicato della Corte di Giustizia dell’Unione Europea - rileva che i dati personali conservati nel registro di polizia in Bulgaria sono, in particolare, le impronte digitali rilevate, una fotografia e un prelievo a fini di profilazione del DNA. Il registro contiene altresì dati riguardanti i reati commessi dall’interessato e le relative condanne. Tali dati possono essere indispensabili per verificare se l’interessato sia coinvolto in reati diversi da quello per il quale è stato condannato con decisione definitiva.

Tuttavia non tutte queste persone presentano lo stesso grado di rischio di essere coinvolte in altri reati, che giustifichi un periodo uniforme di conservazione dei dati che le riguardano. Infatti, fattori quali la natura e la gravità del reato commesso o l'assenza di recidiva possono denotare che il rischio rappresentato dalla persona condannata non necessariamente giustifica la conservazione nel registro di polizia, fino al suo decesso, dei dati che la riguardano. Di conseguenza, un termine del genere è adeguato solo in circostanze particolari che lo giustifichino debitamente. Orbene, tale ipotesi non ricorre quando esso è applicabile in modo generale e indifferenziato a qualsiasi persona condannata definitivamente per un reato doloso. Il diritto dell'Unione esige che la normativa nazionale preveda l'obbligo, per il titolare del trattamento, di verificare periodicamente se tale conservazione sia ancora necessaria e riconosce all'interessato il diritto alla cancellazione di tali dati nel caso in cui tale necessità sia venuta meno”.

Leggi il comunicato della Corte

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ultima modifica 2024-02-28T12:07:04+02:00
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