La sottrazione e cancellazione di file informatici archiviati su dispositivi aziendali si configura come appropriazione indebita o furto
La Corte di Cassazione ha stabilito, con una sentenza che chi si impossessa di file informativi archiviati su dispositivi aziendali (utilizzati per finalità lavorative) e li cancella commette una appropriazione indebita o furto. Un approfondimento sul sito Filodiritto commenta la sentenza.
Con la sentenza n° 11959, emessa lo scorso 30 aprile, la Corte di Cassazione ha stabilito che chi si impossessa di file informativi archiviati su dispositivi aziendali utilizzati per finalità lavorative, cancellandoli da tali dispositivi, può incappare nei reati di appropriazione indebita o furto, essendo tali dati qualificabili come “cose mobili”.
Secondo l’autore del commento alla sentenza, si tratta di un pronunciamento dal carattere innovativo, perché la qualificazione dei file informatici come “cose mobili”, “estende, di fatto, la configurabilità dei reati contro il patrimonio a tutte le condotte aventi ad oggetto i dati in questione”.