Libri di carta, e-book, lettura lineare e qualche luogo comune da smentire
La tesi di Grossman, pubblicata sul New York Times e ripresa e sintetizzata in un articolo de Il Post dal titolo decisamente evocativo (“Gli ebook e Sant’Agostino”), è che l’attuale comparsa dei lettori elettronici può essere paragonata per la sua portata rivoluzionaria al passaggio dai rotoli di pergamena ai codici, vale a dire in buona sostanza “i libri rilegati che usiamo ancora oggi”, che comincia a partire dal primo secolo dopo Cristo.
Gorssman ricorda come i rotoli venissero usati soprattutto per i documenti ufficiali e di una certa importanza, mentre per le comunicazioni scritte di ogni giorno si ricorreva a tavolette di cera riscrivibili, che non permettevano perciò la conservazione dei testi. Il primo, embrionale momento di passaggio al codice avviene secondo il critico nel momento in cui si cominciano ad utilizzare più tavolette di cera per raccogliere più materiale scritto, ma è con l’affermarsi del cristianesimo che si assiste alla vera e propria ascesa del codice:
“I codici – si legge nell’articolo de il Post - iniziarono ad andare per la maggiore quando un gruppo di gente particolarmente interessante e con le idee chiare decise di adottarli per i propri scopi. Erano i cristiani e utilizzarono il formato del codice per diffondere la Bibbia. Ai cristiani il codice piaceva molto perché era un sistema di comunicazione che consentiva loro di distinguersi dagli ebrei, che continuavano (e lo fanno ancora oggi) a conservare le loro sacre scritture nei rotoli di carta e pergamena. Il codice aveva, inoltre, il vantaggio di essere più pratico per il trasporto perché di dimensioni contenute ed era anche più economico poiché consentiva di scrivere su entrambi i lati del foglio di carta, cosa che non si poteva fare con i rotoli.
Il progressivo affermarsi del codice portò anche a un nuovo modo di leggere i testi. Per la prima volta quel tipo di supporto consentiva di saltare da un punto all’altro del testo istantaneamente, senza dover stare lì a srotolare metri e metri di carta. Permetteva anche di andare avanti e indietro tra un certo numero di pagine e di visualizzarne due per volta. Senza contare la praticità di inserire più segnalibri. In un certo senso, dice Grossman, era l’equivalente su carta di quella che oggi noi chiamiamo RAM, la memoria ad accesso casuale del computer. Un rotolo consentiva di procedere solo linearmente, il codice rompeva questa barriera”.
Ed è a questo punto che nella trattazione entra in scena il Sant’Agostino evocato dal titolo. Grossman fa riferimento alle sue “Confessioni”, e in particolare al passaggio nel quale la voce di Dio gli intima di mettersi a leggere. Esortazione che Agostino rispetta, prendendo in mano la Bibbia, leggendone un passaggio e, dopo avere avuto la conversione, inserendo un segnalibro tra le sue pagine. “Non avrebbe mai potuto farlo con un rotolo”, è il commento dell’autore.
Autore che conclude a questo punto la trattazione evidenziando come il volume di carta si è affermato anche e soprattutto perché ha permesso una lettura molto più libera e sganciata dalla catena sequenziale degli argomenti, a differenza del luogo comune che associa questo supporto a un’idea di lettura rigidamente lineare. E rimenando in tema di luoghi comuni, Grossman semina infine il dubbio che anche sui libri digitali ci si sta forse formando delle idee non esattamente corrispondenti alla realtà delle cose:
“Se la storia dei rotoli di pergamena e dei codici ha una morale – argomenta il critico – si tratta di questo. In genere mettiamo in relazione la tecnologia digitale con l’assenza di linearità, i sentieri che si biforcano che vengono attraversati dagli utenti del Web che passano da un link a un altro nel sottobosco di Internet. Ma gli ebook e la non linearità non sono molto compatibili. Saltare da una parte all’altra di un lungo documento come un romanzo è un’operazione dolorosamente complicata su un lettore di libri elettronici, come provare a suonare il piano con le dita intorpidite”.