L'Unità: quale destino per l'archivio storico digitale?
Cosa accade quando l’archivio digitale di una testata giornalistica, alla scomparsa della stessa, viene cancellato da Internet? E quali dinamiche si innescano tra le esigenze di chi detiene interessi economici e commerciali nella vicenda e chi rivendica la necessità di accedere ad un patrimonio di contenuti e conoscenze dall’inestimabile valore collettivo? Una storia emblematica a riguardo è stata oggetto di recente attenzione da parte di Repubblica, che con un articolo a firma di Valentina Avon ha provato a ricostruire il destino dell’archivio storico dell’Unità, fondata nel 1924 e dal 3 giugno dello scorso anno non più pubblicata, neanche in digitale.
Dando voce ad alcuni protagonisti della vicenda ed esperti, la giornalista ricorda che dallo scorso anno l’archivio digitale della testata, realizzato nel 2009 e tra le primissime esperienze di questo genere promosse in Italia, non è più raggiungibile in rete, al pari del sito della testata e delle sue altre emanazioni, tra cui la web tv. La Avon precisa però che gran parte dei suoi contenuti sono in realtà stati scaricati e successivamente pubblicati, senza autorizzazioni legali, nella parte di Internet comunemente conosciuta con il nome di deep web, dove ancora oggi centinaia di persone accedono quotidianamente per consultarli.
Novantaquattro anni di storia scomparsi con un clic – si legge in apertura dell’articolo - è questa la triste fine che ha fatto, per ora, l'archivio storico digitale dell'Unità, cancellato da Internet un anno esatto fa.
Vittima di una disputa aziendale sul dominio del quotidiano, quando 'unita.it' fu spento, oltre al giornale sparì anche la sua memoria storica costruita pagina dopo pagina dal 12 febbraio 1924 dai giornalisti e da una schiera impressionante di intellettuali, politici, sindacalisti, che hanno narrato la storia dell'Italia e delle sue idee. Nulla di tutto ciò è più consultabile, per studiosi, ricercatori, studenti, giornalisti. A meno che non si inoltrino nel deep web. Perché un attimo prima che le macchine venissero spente alcune persone ci entrarono e scaricarono una buona parte di quell'immenso patrimonio, per renderlo subito disponibile a un indirizzo internet consultabile solo con il browser Tor.
Oggi in quel sito si registrano un paio di centinaia di ricerche al giorno, di ciò che altrimenti non si saprebbe dove trovare, e sono solo le ricerche di persone che in un qualche modo sono riuscite a trovare l'indirizzo giusto, e il giusto modo per arrivarci. Testimonianza di quanto quell'archivio, un patrimonio pubblico di proprietà privata, sia ancora vivo e indispensabile…