Memoria e conservazione, non tutto il digitale è per sempre
In apertura della sua riflessione, Stefano Quintarelli fa notare come la facilità con la quale le informazioni digitali possano essere replicate e condivise possa trarre in inganno. Le pratiche di utilizzo dei media digitali sembrano quasi suggerirci che tutto ormai possa essere automaticamente salvato e conservato per l’eternità ma, ammonisce l’autore, “non è sempre così”, e sarebbe assolutamente necessario prendere coscienza del fatto che le regole di funzionamento della memoria digitale sono diverse rispetto a quelle che hanno garantito nel tempo la conservazione, o la scomparsa, delle informazioni e dei dati prodotti sui supporti fisici tradizionali.
Due, in particolare, i rischi che Quintarelli sottolinea: l’obsolescenza dei software dei formati informatici in genere, ma anche le regole che le aziende e le organizzazioni si stanno dando, spesso con finalità ben precise, per decidere cosa e come cancellare.
“Se le informazioni non sono di immediato interesse – si legge nel testo in relazione al secondo aspetto – queste potrebbero sparire, nell’indifferenza del pubblico, semplicemente depubblicate dalla fonte originaria senza lasciare traccia.
In molte multinazionali stanno prendendo piede rigide policies di cancellazione dei contenuti, delle mail, dei documenti elettronici, al fine di mitigare il rischio che una ispezione possa rivelare comportamenti anticompetitivi o con un fondo di illiceità tali da esporre l’azienda a rischi legali.
Naturalmente questo comportamento elimina sia le cose potenzialmente negative, ma anche la ‘memoria buona’ delle aziende, quella che aiuterebbe a ricostruire la storia di prodotti e servizi che sono diventati importanti per noi tutti...”.