Nello sguardo di Nick Gentry, quando la memoria digitale diventa arte
Solo pochi anni fa era uno dei supporti informatici per antonomasia. Talmente importante che ancora oggi contraddistingue molte icone relative al salvataggio dei dati. Passato il suo momento di gloria però, il floppy disk è diventato un vero e proprio pezzo di modernariato: materiale da soffitte, garage e scantinati: racconta di un’epoca in cui la capacità di memoria si misurava in spiccioli di Megabyte, e la parola cloud, per quanti masticassero l’inglese, era relegata negli ambiti della meteorologia. Dato per certo e irreversibile questo destino, c’è però chi ha pensato ai floppy come elemento ideale per provare a riflettere da un punto di vista artistico su una società sempre più ossessionata dalla condivisione e dalla documentazione costante e pervasiva di ogni singola esperienza individuale. La persona in questione è l’inglese Nick Gentry: classe 1980, autore di composizioni davvero suggestive a base di floppy disk che hanno suscitato l’ammirazione di galleristi, addetti ai lavori e semplici appassionati in tutto il mondo. Tempo fa, in occasione di una esposizione presso una galleria di Miami, Gentry ha provato a spiegare il senso della sua ricerca e delle sue creazioni ad una testata locale, e dalle sue parole sono emerse considerazioni interessanti anche per chi si occupa di preservazione della memoria digitale.
"Ormai tutte le persone che conosco, nessuna esclusa stanno coltivando in qualche modo dei veri e propri archivi digitali personali. È il segno che la questione dell’identità è più viva e presente che mai, ma si tratta anche di un segno contraddittorio, perché tra la nostra identità on line e quella in carne ed ossa esistono differenze che creano tensioni. E se a causa di queste tensioni si sceglie magari di uscire dai social media e dalle piattaforme digitali si corre il rischio di rendersi invisibili alla maggioranza che opta invece per la frequentazione di questi ambienti. Si tratta di un cambiamento enorme per la nostra psiche, ed avvenuto nel giro di pochissimi anni".
Queste le questioni, e soprattutto le tensioni, dalle quali scaturisce la poetica di fondo di Gentry. Poetica che fa perno su alcune tecnologie di conservazione obsolete, primo fra tutto appunto il floppy disk, per raccontare di un’umanità perennemente sull’orlo dell’obsolescenza a causa di una produzione sempre più incessante e incontrollabile di dati. Ovvio e tutto sommato prevedibile, che un simile sguardo sul mondo sia molto attento anche al tema della privacy, o per meglio dire di quel che ne resta.
“L’intero concetto di privacy, così come formulato in partenza, è esploso di recente. Il modo in cui viviamo oggi rende di fatto impossibile la sua sopravvivenza, perché la proliferazione improvvisa di apparecchi di registrazione in tutte le strade, e ormai anche nelle nostre mani, ci proietta di fatto in una società della sorveglianza. Se a questo aggiungiamo che la gran parte di noi ormai aspira a condividere e mettere in pubblico il proprio privato, è chiaro che siamo costretti ad affrontare più domande che risposte”.
Domande e risposte che sempre più spesso abbracciano anche la questione chiave della trasparenza, con tanto di ripercussioni stilistiche nel lavoro di Gentry. È per focalizzare con maggiore attenzione questo aspetto che ad esempio ha cominciato a usare con sempre maggiore frequenza pellicole radiografie: materiali lucidi e trasparenti, veri e propri contrappesi simbolici ai più opachi e impenetrabili floppy.
“Col tempo – spiega a riguardo – abbiamo sviluppato una consapevolezza sempre più acuta sul come ci vedono gli altri. La grande maggioranza di noi è ormai esposta al pubblico, e la coscienza di esserlo è iscritta nel nostro immaginario. Io però penso che tutta questa esposizione sia meno importante delle persone reali che vi si nascondono dietro, così come penso che talvolta sarebbe meglio staccare la spina e ricongiungersi con quelle identità nell’ombra”.
Immancabile infine nel suo percorso artistico, il richiamo ai new media come spazi di costruzione e racconto collettivi, oltre che sterminato deposito di storie e memorie individuali. Richiamo che Gentry mette in atto realizzando le sue opere anche con floppy disk, supporti e altri materiali, tra cui anche lettere cartacee, ricevuti da ammiratori e persone che si sentono toccato dalla sua arte. È un modo per parlare di loro e coinvolgerlo nelle opere che realizza, si legge in conclusione dell’articolo, così come di riportare in vita frammenti di esistenze personali minacciati dall’oblio.