OurMarathon, un archivio digitale per celebrare la memoria collettiva dei Boston Bombings
“Avevo appena terminato la maratona in 4 ore, 5 minuti e 41 secondi. Passato il traguardo, avevo telefonato a mio marito col cellulare. Non avevo ancora ricevuto acqua, bevande energetiche, cibo, né la mia medaglia. Mentre ero al telefono, ho avvertito questo terribile boato. Mi sono voltata e ho visto una immensa nube di fumo bianco gonfiarsi nell’aria e superare in altezza le insegne del Lenox Hotel. Ho chiesto a mio marito: “cosa diavolo era?” e subito dopo c’è stata una nuova esplosione. Ho superato di nuovo la linea del traguardo e ho cominciato a camminare a ritroso lungo il percorso per capire cosa stesse accadendo, e se potessi essere d’aiuto in qualche modo. Alcune persone parlavano di una esplosione di gas o di un cortocircuito. Molte correvano o marciavano veloci verso di me, urlando o con un aspetto terrorizzato. Alcuni volontari con delle sedie a rotelle (pronte per i corridori che avrebbero potuto avere bisogno al termine della corsa) le lasciarono andare e cominciarono a correre. Ricordo che chiedevo alle persone di non correre, ma continuavo anche a parlare al telefono con mio marito: “oh mio Dio, oh mio Dio”. Un volontario provò a zittirmi e mi spinse per fare spazio, ma so che era semplicemente terrorizzato e stava provando a fare il suo dovere. Mio marito continuava a dirmi con calma che era meglio se avessi abbandonato l’area e che non c’era niente che potessi fare per aiutare; era il caso di lasciare spazio alla polizia e agli altri professionisti. Infine cominciai ad allontanarmi dalla linea del traguardo, ma dissi a mio marito che dovevo agganciare. Scattati un po’ di foto del posto in cui mi trovavo, perché sentii che dovevo farlo. Di solito quello spazio era pieno di volontari pronti ad aiutare i corridori e ad andargli incontro con l’acqua, le bevande energetiche e le medaglie, ma in quel momento era quasi vuoto. Arrivata a casa guardai il telefono e notai che avevo chiamato mio marito alle 2 e 48 del pomeriggio, appena 2 minuti prima della prima esplosione. Avevo appena vissuto l’esperienza più terrificante della mia vita”.
Si tratta di uno dei circa 4.000 tra racconti, testimonianze orali, tweet, messaggi su altri social media, foto, video e altri materiali raccolti nell’archivio digitale OurMarathon, realizzato su impulso della Northeastern University con la collaborazione di numerose altre istituzioni, organizzazioni e privati, e pensato come un vero e proprio memoriale collettivo on line sull’attentato alla Maratona di Boston del 15 aprile 2013. “Quell’attentato ha squarciato un tessuto fondamentale che teneva insieme la nostra comunità e questo memoriale virtuale nasce anche per provare a ricucire quel tessuto”, si legge nella pagina che presenta il progetto, lanciato a poche settimane dall’evento e inevitabilmente finito sotto la luce dei riflettori in occasione del suo primo anniversario.
Per la precisione, la storia riportata in apertura fa parte di una serie di testimonianze anonime raccolte a caldo dal Boston Globe nei giorni immediatamente successivi e recentemente donate all’archivio. Ma accanto ad esse, nelle sue pagine on line è veramente possibile trovare una ricchissima varietà di contenuti. Fondamentale, per la riuscita dell’operazione, il contributo dei Boston City Archives, in prima linea in una notevole operazione di digitalizzazione che ha interessato in particolar modo le migliaia tra biglietti, messaggi, disegni, foto e altre testimonianze lasciate presso il memoriale temporaneo di Copley Square dalle tante persone che hanno voluto onorare le vittime di quella giornata. Analoga operazione è stata compiuta anche per caricare on line le tante lettere cartacee inviate da ogni parte del mondo, e in particolar modo da quanti avevano un legame forte con la città di Boston, nelle settimane successive alla tragedia, mentre per quanto riguarda le testimonianze orali, grazie a una partnership con l’emittente radiofonica WBUR, su OurMarathon è possibile ascoltare decine di interviste a persone che hanno vissuto l’evento in prima persona o ne sono comunque state toccate in qualche modo.
Nascendo come memoriale on line, il progetto naturalmente non può che essere in progress e soprattutto aperto al contributo e alla testimonianza di chiunque vorrà raccontare la propria storia collegata all’evento. Per farlo basta accedere ad un’apposita pagina che permette di condividere storie, immagini, video, e-mail, messaggi di testo, registrazioni audio o altre risorse on line, e entrare così a far parte di un racconto collettivo che nelle intenzioni dei promotori ha molto più a che fare con i concetti di comprensione e guarigione, piuttosto che con il sensazionalismo.
“In quei giorni - recita a tale proposito la pagina che presenta il progetto - l’attenzione dei media si concentrò in particolar modo sulle due persone accusate di avere piazzato le bombe così come, in maniera giustamente più importante, sulle vittime e i sopravvissuti di quell’atto di violenza. Noi vediamo questo archivio come un percorso per permettere una più ampia condivisione di storie altrettanto importanti legate all’evento. L’attentato ha cambiato molte esistenze, talvolta radicalmente e delle altre in maniera meno evidente, in alcuni casi con effetti immediati e in altri con conseguenze che si sono manifestate solo dopo un po’ di tempo. Questo è un posto per condividere le immagini, le emozioni e le esperienze legate a questi cambiamenti e per cercare di capire insieme come e quanto la nostra comunità sia stata toccata da quegli eventi”.