Poesie, lettere e dispetti: on line i manoscritti di Emily Dickinson
Annunciando la novità al Boston Globe, i responsabili del progetto ad Harvard hanno specificato che il sito sarà liberamente accessibile, e pensato in particolar modo per gli studenti e i ricercatori interessati alle opere e alla vita di Emily Dickinson. Per portare a termine il lavoro, l’Università del Massachusetts si è avvalsa della collaborazione di diverse biblioteche ed archivi presso i quali erano custoditi documenti appartenenti all’artista, tra cui anche quelli dell’Amherst College, riattizzando però in questo caso quella si può descrivere come una vera e propria faida accademica sulla sua eredità artistica e culturale. Dalla lettura dell’articolo si apprende infatti che dopo la scomparsa della Dickinson centinaia di opere e lettere rimaste fino a quel momento inedite furono ritrovate dalla sorella e, a seguito di una serie di peripezie e mancati accordi, finirono infine al College di Amherst, che era stato fondato dal nonno della poetessa e presso il quale avevano lavorato anche il padre ed il fratello, in qualità di tesorieri. Nel frattempo però, circa 700 componimenti e 300 lettere custoditi fino al 1950 presso la famiglia Dickinson furono consegnati ad Harvard. Era l’origine di un appassionante “duello” che è stato giocato anche nelle aule dei tribunali, e che ora sembra destinato ad avere strascichi on line.
Se infatti è vero che il College di Amherst, dopo un paio di anni di tira e molla, ha acconsentito alla digitalizzazione e alla pubblicazione su web dei propri manoscritti, lo è anche che lo stesso College ha pubblicamente accusato Harvard per lo scarso fair play. “In questi mesi non abbiamo mai potuto visionare il layout del sito né le sue funzionalità – lamenta il responsabile degli archivi di Amherst al Boston Globe – e considerato che del nostro contributo si farà appena menzione, di tutto si può parlare tranne che di una partnership”. Ma non finisce qui, perché stando agli accordi scritti, Harvard si era impegnata a condividere la propria collezione digitale con Amherst, cosa che, a quanto dicono da quelle parti, ad oggi non sarebbe avvenuta. Dal canto suo, l’ università bostoniana tende a minimizzare. Niente repliche alle accuse di mancata collaborazione, e per quanto riguarda la condivisione dei contenuti digitalizzati ci si limita a dichiarare che un hard disk pieno di manoscritti sarebbe partito negli scorsi giorni alla volta di Amherst.