Una sentenza che fa discutere
Con la sentenza n° 3709/2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che le notifiche via posta elettronica certificata da parte degli avvocati difensori sono valide solo ed esclusivamente nel caso in cui siano inviate a indirizzi presenti nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE). Devono invece considerarsi nulle quando inviate a indirizzi non presenti in questo elenco, anche nel caso in cui siano comunque presenti nell’indice INI-PEC. Nel pronunciamento, a tale proposito, si legge quanto segue:
"Il domicilio digitale previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, corrisponde all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest'ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'effettiva difesa, sicchè la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile - a seconda dei casi - alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)".
La sentenza è stata accolta in modo molto controverso nel settore degli esperti e addetti ai lavori. Tra le prese di posizione, spicca la lettera inviata dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense Andrea Mascherin al Primo Presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone, per chiedere di rimediare al pronunciamento:
“Tale sentenza - si legge nella lettera - pare contenere un errore materiale, laddove si sostiene la nullità delle notifiche effettuate ad un indirizzo estratto da INI-PEC: in realtà la decisione intendeva far riferimento alla nullità di un indirizzo estratto dall’Indice delle Pubbliche Amministrazione - iPA, come peraltro emerge dall’esame del contesto della parte motiva.
Infatti, mentre INI-PEC è espressamente qualificato dal Codice dell’Amministrazione Digitale come pubblico elenco, dal quale è pertanto possibile estrarre l’indirizzo PEC ai sensi dell’art. 3-bis della L. 53/94, tale non è l’iPA.
E la circostanza è incontroversa sia in punto di fatto che di diritto anche secondo quanto affermato in precedenti sentenze di questa Corte”.
Dello stesso tenore il commento alla sentenza a firma di Maurizio Reale, pubblicato su Altalex:
“La Cassazione - scrive l’esperto - afferma, erroneamente, che solo la notifica effettuata (ai sensi della L. 53/1994) dal difensore all’indirizzo PEC del destinatario risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) sarebbe valida ed efficace mentre, ove la stessa venga effettuata all’indirizzo PEC del destinatario risultante dall’INI-PEC (Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata) dovrebbe qualificarsi nulla!”.
Molto probabilmente - prosegue Reale - i Giudici di Piazza Cavour hanno confuso il pubblico elenco INI-PEC, ad oggi indiscutibilmente indicato, dalla vigente normativa, quale pubblico elenco valido per estrapolare gli indirizzi PEC dei destinatari in caso di notifica effettuata ai sensi della L. 53/1994, con quello IPA (indice delle pubbliche amministrazioni), il quale, in effetti, dall’agosto 2014, a seguito della modifica apportata all’art. 16 ter della L. 17.12.2012, n. 221, dall’art. 45-bis, comma 2, decreto legge n. 90/2014, convertito con la Legge 11 agosto 2014, n. 114 pubblicata in G.U. il 18 agosto 2014 ed in vigore dal 19 agosto 2014, non è più considerato pubblico elenco valido per attingere l’indirizzo PEC del destinatario in caso di notifica in proprio eseguita ex L. 53/1994!
Solo così è spiegabile il grossolano errore in cui la Cassazione è incorsa, non potendo assolutamente pensare che, non solo il Collegio non conoscesse l’attuale contenuto dell’art. 16 ter della L. 17.12.2012 n. 221 ma che, altresì ignorasse (avendolo citato nella sentenza) anche l’art. 52 del decreto legge 90/14 il quale aggiungeva l’art. 16 sexies al DL 179/12 il quale prevede e dispone che, salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notifiche di atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notifica in cancelleria può procedersi quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notifica presso l’indirizzo PEC, risultante da INIPEC e REGINDE”.