Siti e piattaforme scomparse: un approfondimento sulla caducità dei contenuti web

Recenti annunci relativi alla chiusura o al ridimensionamento di piattaforme web offrono spunti a Il Post per una nuova riflessione sulla fragilità dei contenuti prodotti e condivisi online

Cosa succede quando piattaforme di condivisione di immagini, video e altri tipi di documenti scompaiono da Internet? È la domanda che si pone Il Post, con un articolo che prende spunto da recenti annunci che fanno tornare d’attualità il dibattito sulla caducità delle risorse web. 

Il primo riguarda Imgur, servizio per la condivisione di immagini e video molto legato al social network Reddit, che ha annunciato la prossima rimozione di contenuti di natura sessuale o pornografica, in aggiunta a una considerevole quantità di immagini pubblicate in passato, e non più riconducibili a profili attivi.

Oltre questa decisione - che il Post ricorda essere molto simile alla improvvisa cancellazione di tutti i contenuti a carattere pornografico dalla piattaforma Tumblr, nel 2018 - nell’articolo si fa riferimento alle recenti dichiarazioni del CEO di Twitter Elon Musk, con le quali ha annunciato l'intenzione di rimuovere i profili inattivi da diversi anni sulla piattaforma, allo scopo di “liberare nomi utente” per nuovi potenziali iscritti. Una decisione che, lamentano in molti, porterebbe tre le altre cose alla cancellazione dei profili di persone decedute, perdendo di fatto contenuti e informazioni che permettono di preservare la loro memoria, come avviene ad esempio su Facebook.

In entrambi i casi - sintetizza Il Post - un servizio molto utilizzato ha cambiato le proprie regole interne interrompendo l’accesso a vasti archivi di documenti digitali, e di fatto facendo scomparire un pezzo consistente del web”.

Proseguendo, l’articolo fa riferimento a svariati altri casi nei quali i cambiamenti delle politiche interne, o più semplicemente la chiusura improvvisa delle piattaforme web, tra cui anche servizi molto popolari, hanno causato di fatto la perdita irreversibile di grandi quantità di contenuti digitali. 

L’articolo fa riferimento ai servizi di hosting di immagini Picturelife, Everpix e Photobucket, danneggiati dalla crescita progressiva e sempre più inarrestabile di colossi come Amazon, Google e Microsoft. E in aggiunta a social network come Myspace, estremamente popolare nei primi anni del cosiddetto web 2.0, ma poi di colpo vittima di un declino inarrestabile, e Google+, mai effettivamente decollato, e proprio come Myspace chiuso definitivamente nel 2019, con la conseguente perdita di tutti gli account e relativi contenuti.

Destino che ha interessato anche Myspace, anche se, fa notare il Post, grazie all’attività dell’Internet Archive, parte del suo sterminato archivio musicale, per un totale di circa 490mila canzoni pubblicate tra il 2008 e il 2010, è stata di fatto salvata dall’oblio.

The Internet Archive - si legge nell’approfondimento - non è il solo progetto che si occupa di salvaguardare contenuti online e interi siti destinati all’oblio, rendendoli disponibili col servizio Wayback Machine: dal 2009 esiste anche l’Archive Team, «un collettivo libero di scrittori, sbruffoni, programmatori e archivisti ribelli» che nel corso degli anni ha contribuito a salvare contenuti da Google+ – prima della sua chiusura – e Soundcloud, quando nel 2017 rischiò di chiudere. In questi giorni Archive Team è anche al lavoro su Imgur per salvare più immagini e testimonianze possibili”.

Quanto alle cause che stanno portando alla sempre più frequente interruzione di servizi e piattaforme web, con conseguente perdita di rilevanti porzioni di memoria digitale, assieme alle motivazioni di natura economica, Il Post fa riferimento anche a decisioni e orientamenti che hanno a che fare con la politica. La chiusura di Imgur, e prima di essa la stretta sui contenuti porno da parte di Tumblr, avrebbero ad esempio a che fare con una sempre maggiore pressione da parte di forze politiche statunitensi, e dall’opinione pubblica che le sostiene, per ostacolare la produzione e distribuzione di contenuti di questa tipologia. Orientamento che avrebbe ad esempio anche spinto Paypal, a partire dal 2019, a cessare i servizi di pagamento verso la piattaforma Pornhub.

Siano comunque di natura politica, economica, o afferenti a entrambi gli aspetti, l'approfondimento de Il Post sottolinea come tali orientamenti e decisioni stanno spingendo sempre più a riflettere sul carattere estremamente effimero dei contenuti e risorse web, e sulla conseguente necessità di pensare a nuove soluzioni per garantire la loro preservazione. È quanto pensa e sostiene ad esempio il proprietario del popolare forum Something Awful, noto con pseudonimo Jeffrey of YOSPOS, che ha spiegato alla testata The Verge di essersi attivato in prima persona per scaricare parte del patrimonio di immagini in via di dismissione su Imgur, creando un archivio di tre terabyte in più copie.

Il nuovo rischio di estinzione di contenuti digitali - si legge in chiusura dell’articolo - ha convinto il capo di Something Awful a cambiare strategia per il futuro, spingendolo a pagare personalmente per l’hosting dei file: «I siti che promettono di ospitare le tue immagini gratis non smetteranno mai di finire i soldi, è impossibile monetizzare un sito in quel modo», ha detto a The Verge. Secondo Jeffrey, questa potrebbe essere l’occasione giusta per «uscire definitivamente da questo circolo vizioso»”.

Leggi l’articolo integrale su Il Post

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ultima modifica 2023-05-23T13:19:39+01:00
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