Storage nel DNA: pubblicato un nuovo articolo scientifico
Con la pubblicazione dello studio “Robust direct digital-to-biological data storage in living cells”sulla rivista scientifica Nature Chemical Biology, un team di scienziati della Columbia University ha documentato i risultati di una nuova sperimentazione di utilizzo del DNA per finalità di storage dei dati digitali.
In questo caso, è stato usato del DNA di batteri viventi. Come si apprende da una nota di AGI, Agenzia Italiana, "il team ha convertito la stringa di uno e zeri digitali di un file in combinazioni delle basi dell’acido deossiribonucleico: adenina, guanina, citosina e timina. Il codice viene riportato poi nel DNA grazie a un sintetizzatore, ma l'accuratezza della sintesi diminuisce con l'aumentare della lunghezza del codice".
“Il DNA rappresenta un elemento di archiviazione davvero interessante – sostiene Harris Wang della Columbia University – perché è più di mille volte più denso dei dischi rigidi più compatti, consente di memorizzare l'equivalente di 10 film digitali a lunghezza intera nel volume di un granello di sale ed è un composto fondamentale per la biologia, per cui le tecnologie in grado di leggerlo dovrebbero diventare più economiche e più potenti”.
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