The Software Heritage, nasce la “Biblioteca d’Alessandria dei programmi informatici”
Collezionare, organizzare, conservare e rendere facilmente accessibile il codice sorgente di tutti i software pubblicamente disponibili. È stato presentato così, con obiettivi tutt’altro che modesti, il progetto The Software Heritage, lanciato di recente su iniziativa di diverse organizzazioni pubbliche e private che hanno deciso di unire i propri sforzi per dar vita, rimanendo in tema di aspettative alte, alla "Software Wikipedia" o ancora alla "Biblioteca d’Alessandria del software". Nell’attesa di arrivare a tanto, sul sito del progetto sono già disponibili oltre due miliardi e mezzo di file di codice, poco meno di 600.000 commits e quasi 23 milioni di progetti software. Una banca dati che, secondo il sito Ars Technica, farebbe già oggi di The Software Heritage il più grande archivio di codice al mondo.
Gran parte di questo materiale proviene dalla piattaforma open source GitHub, non a caso tra i partner di progetto, e dalle banche dati dei progetti collaborativi Debian e GNU. Un chiaro indizio di quanto l’intera operazione sia fortemente dedicata alla valorizzazione dei free software, anche se i promotori del progetto fanno riferimento a una più generico “accessibilità pubblica” dei programmi informatici e tra i partner spicca il nome di Microsoft, non esattamente un’azienda paladina della filosofia free.
Capofila dell’intera operazione è Inria, l’istituto nazionale francese per la ricerca nel campo dell’informatica e l’automazione, al lavoro già da un anno per la pubblicazione on line dei primi dataset e la creazione del network di progetto, messo in piedi anche con l’auspicio di creare più copie dei software e archiviarle in diversi punti della rete.
Tra le motivazioni principali che hanno portato al lancio dell'operazione, spiccano la crescente importanza dei software per la ricerca scientifica e il mondo dell’industria. In entrambi gli ambiti, affermano i promotori, si fa sempre più affidamento sui programmi informatici. La loro conservazione, unità alla possibilità di poterne disporre in futuro, creerà la condizioni ideali per poterli studiare e migliorare nel tempo.