Un filmato nel DNA di un batterio: lo storage prende vita

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha immagazzinato un breve filmato animato è stato inserito nel DNA di un batterio vivente. Finora esperimenti del genere erano stati condotti solo ed esclusivamente su DNA sintetici prodotti in laboratorio

Su Nature sono stati pubblicati i risultati di un esperimento condotto da un gruppo di ricercatori americani che hanno inserito un breve filmato animato nel DNA di un batterio vivente. Già in passato analoghi tentativi di immagazzinamento dei dati erano avvenuti con successo, ma solo ed esclusivamente su DNA prodotto in laboratorio. Quest’ultimo non è soggetto a continue mutazioni come avviene per quello degli organismi viventi, ed è pertanto più facilmente controllabile. La novità dell'ultimo esperimento è che per la prima volta si è riusciti a superare questo limite, creando potenzialmente i presupposti - si legge su il Post - “per trasformare le cellule in minuscoli registratori, dai quali estrarre informazioni su ciò che hanno rilevato mentre si trovavano all’interno di un altro organismo”.

I ricercatori – si legge nell’articolo – sono riusciti a inserire informazioni “estranee” nel DNA del batterio vivente, come il breve filmato del cavallo e la fotografia di una mano, sfruttando il suo sistema di difesa dagli agenti esterni.

Semplificando molto, quando un virus attacca una cellula inserisce del DNA per modificarne le funzioni e sfruttarla per moltiplicarsi. Nel caso di un attacco contro un batterio, che è un organismo composto da una sola cellula, si attiva un meccanismo di difesa piuttosto raffinato: il batterio taglia delle parti del DNA del virus e le inserisce all’interno del suo DNA, per serbarne memoria e riconoscere il virus nel caso di un futuro attacco. Il processo (CRISPR, che naturalmente è molto più complesso di così) è noto da tempo ai ricercatori e può essere sfruttato per intervenire con precisione sulle sequenze del DNA per modificarlo.

Shipman e colleghi hanno scelto per il loro esperimento una cellula di Escherichia coli, un batterio familiare al nostro intestino e a quello di altri mammiferi, fondamentale per facilitare i processi digestivi e l’assimilazione delle sostanze nutritive. I ricercatori hanno codificato ogni pixel, i quadrati che messi insieme come in un mosaico formano un’immagine digitale, all’interno di una sequenza di DNA in laboratorio che è stata poi inserita all’interno del batterio. Per farlo hanno utilizzato una piccola scarica elettrica applicata a E. coli, che ha permesso al frammento di DNA di farsi strada all’interno della membrana della cellula. Il CRISPR del batterio ha identificato il DNA, lo ha spezzettato come fa quando se ne presenta uno di un virus, e lo ha poi inserito nel suo DNA.

Una volta aggiunte le informazioni nel batterio, i ricercatori hanno verificato se fossero state conservate correttamente. Per farlo hanno quindi analizzato il DNA della loro minuscola cavia di E. coli attraverso un software, che da solo è riuscito a riprodurre le immagini inserite in origine nel batterio. Naturalmente il DNA non può essere visto a occhio nudo, ma l’animazione del cavallo riprodotta dal software ci dice che il sistema ha funzionato, perché i dati per realizzarla sono stati estratti dalle sequenze di DNA del batterio, che ha proseguito le sue normali attività vitali anche dopo l’inserimento (compresa la sua moltiplicazione in altri batteri che serbavano la stessa memoria delle immagini)…

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