Una breve, misteriosa storia della penna automatica
Thomas Jefferson era il terzo Presidente della storia degli Stati Uniti, allora ancora brevissima, ed è sotto il suo mandato, si legge nell’articolo firmato da Brian Resnick, che venne introdotta quello che viene definita la “bisnonna della penna automatica”. Si tratta del “polygraph”, una specie di incrocio tra una fotocopiatrice in embrione e una carta carbone meccanica. Usandola, era possibile fare copie automatiche, e in tempo reale, delle lettere scritte a mano. Siamo nel 1809, e proprio in quest’anno Jefferson, descritto come un vero e proprio geek ante litteram, dichiara che una volta passato al Polygraph, “non avrebbe più potuto vivere senza”. E a quanto pare, suggerisce Resnick, da quel momento in avanti devono averlo pensato tutti i Presidenti succeduti a Jefferson, Obama compreso, se si considera che durante le vacanze di Natale, l’importantissima firma all’accordo sul fiscal cliff è stata apposta sì a Washington, ma con il Presidente in vacanza assieme alla famiglia alle Hawaii, molto probabilmente proprio grazie all’uso della penna automatica.
“Sebbene alla Casa Bianca non vi diranno mai e poi mai come funziona – si legge nell’articolo – lo strumento riproduce essenzialmente una copia dei tratti della firma del Presidente, salvandoli su una memoria fisica (al giorno d’oggi una SD card,) di modo che possano essere recuperati nel momento in cui occorrono dei fac-simile”.
Andando oltre, Resnick approfondisce anche gl aspetti giuridici legati all’utilizzo dello strumento e ricostruisce gli ultimi dibattiti in materia. Per quanto riguarda il suo “sdoganamento giuridico”, dalla lettura si apprende che è stato il Dipartimento di Giustizia in carica durante il mandato di George W. Bush, sfruttando anche le ambiguità della Costituzione, ad equiparare di fatto l’utilizzo della penna automatica alle firme autografe dei Presidenti. Resnick precisa però che Bush non ha mai fatto ricorso a questa soluzione per approvare delle leggi, e che di fatto il primo a rompere questo tabù è stato proprio Obama, come riportato a suo tempo anche sul sito di ParER, firmando una estensione del Patriot Act mentre era impegnato in un viaggio europeo. “Alcuni giuristi – si legge in proposito – contestarono questa scelta, ma di fatto alla vicenda non sono seguite controversie di rilievo”.
Tornando nuovamente indietro nel tempo, l’articolo svela infine il preciso momento in cui la penna automatica fa la comparsa nelle stanze del potere di Washington. Siamo nel 1936, anno in cui un articolo pubblicato su “Popular Mechanics” ne descrive caratteristiche e principali dettagli, compreso una specie funzione di “strapazza firma”, in grado di rendere di fatto inutilizzabile la macchina in caso di furto. Fu Truman il primo presidente che si dice l’abbia utilizzata ma oltre le supposizioni, argomenta Resnick, è difficile andare, perché l’intera storia di questo aggeggio, a dirla tutta anche molto comprensibilmente, è avvolta in un alone di mistero. “Ho sempre sentito dire che, a parte il Presidente, la penna automatica fosse la custodita con più attenzione ala Casa Bianca”, ha dichiarato in proposito la persona incaricata di coordinare la gestione del messaggi e delle lettere presidenziali durante l’era Clinton. E quando l’Associated Press fece pressioni per fare chiarezza sullo strumento e le sue modalità di utilizzo, la Casa Bianca rispose con un vero e proprio catenaccio. “Rifiutandosi – conclude l’articolo – di rendere noto qualsiasi dettaglio su quante penne automaticge avesse in dotazione, quale fosse il loro aspetto, dove fossero custodite, o chi ne fosse il produttore”.