Email-gate: "trasgredire è l'unica cosa giusta"
La scorsa settimana anche noi ci siamo occupati dell’email-gate, lo scandalo che ha colpito Hillary Clinton e che secondo alcuni potrebbe addirittura comprometterne le ambizioni presidenziali. Il NY Times ha rivelato che, da Segretario di Stato, la Clinton ha usato solo ed esclusivamente la propria mail personale per scambiare messaggi di lavoro, anche su argomenti di interesse strategico per la nazione. Stando agli sviluppi della vicenda, sembra che la moglie dell’ex Presidente Bill non abbia infranto alcuna legge. Resta però che si è esposta a critiche talvolta feroci, sia per i rischi informatici che avrebbe corso la sua corrispondenza, sia perché così facendo ha reso impossibile la conservazione nel tempo di fonti e documenti ufficiali. Nel nostro articolo, biasimando implicitamente questa condotta, ci siamo chiesti se però per paradosso non possa avere giovato alle cause della conservazione digitale, materia troppo spesso di nicchia, una volta tanto divenuta oggetto di attenzione anche oltre le ristrette cerchie degli addetti ai lavori.
Di tutt’altro avviso sul comportamento dell’ex Segretario di Stato, ma con un punto di vista secondo noi assolutamente degno di nota, è stato invece il commento alla vicenda da parte di Clay Johnson, ex direttore dei Sunlight Labs presso la Sunlight Foundation, associazione americana tra le più attive ed autorevoli in materia di trasparenza. Sulla piattaforma Medium, Johnson ha legittimato il comportamento della Clinton, chiedendosi provocatoriamente perché mai avrebbe dovuto agire altrimenti. Ricorrere alla mail personale, ha scritto nel suo articolo, è stata una scelta doppiamente saggia: intanto perché sarebbe ampiamente risaputo che il sistema di posta elettronica del Dipartimento di Stato è “compromesso da mesi”, e d’altronde era già stato clamorosamente violato all’epoca del caso Wikileaks; e poi perché i sistemi informatici governativi sarebbero così poco usabili da costringere chiunque voglia svolgere efficacemente il proprio lavoro ad adottare soluzioni alternative, per quanto sicuramente non ortodosse. Da esperto e sostenitore della trasparenza, Johnson non ha condannato la Clinton neanche per la possibile perdita di tanti dati e documenti ufficiali che potrebbe discendere dal suo comportamento.
Non credo che Hillary Clinton stesse deliberatamente cercando di nascondere le sue comunicazioni al pubblico – ha scritto a riguardo – penso che stesse cercando il modo più semplice di fare il suo lavoro.
L’unica cosa che dovete capire sugli impiegati pubblici è che tutti, a partire dai livelli più bassi, sono a conoscenza delle leggi sulla gestione dei documenti della pubblica amministrazione, e tutti sanno bene una cosa: se non vuoi che qualcosa venga registrato e archiviato, non usare la posta elettronica. Usa il telefono.
Tra le tante cose che sono ipotetiche in questo documento, c’è soltanto un fatto di cui sono assolutamente certo. E, dopo anni sotto processo, sotto indagine, sotto lo sguardo incessante dei media che hanno frugato in ogni attimo della sua vita pubblica e privata, e con un corollario di teorie complottiste di ogni genere, anche Hillary Clinton lo sa bene. Sa anche lei che il modo più semplice per evitare che qualcosa diventi di dominio pubblico non è installare un server email personale nello scantinato, me è usare il telefono.
Hillary Clinton stava cercando di usare quello che preferiva usare per fare il suo lavoro. Come ex dipendente del governo degli Stati Uniti, la capisco. Quando inizi a lavorare per il governo, spesso è come entrare in una macchina del tempo. Ti danno in mano tecnologia del passato e si aspettano che tu faccia il lavoro del domani (soprattutto al livello della Clinton). Spesso mettendoti di fronte a una scelta: devo fare il lavoro per il quale mi hanno assunto, o rispettare per filo e per segno le leggi sui documenti della pubblica amministrazione? E di solito (per fortuna) “fare il lavoro” vince.
Questo avviene perché il modo in cui i nostri uffici informatici governativi tendono a implementare le politiche di gestione dei sistemi informatici non è migliorando il servizio, ma imponendo tecnologia antiquata (…)
E così ti siedi e pensi “perbacco, questa persona ha bisogno di una risposta da me subito, meglio scriverle prima di andare alla prossima riunione”, e il più delle volte, apri il tuo account gmail e scrivi la tua email al volo perché è più facile e veloce. Spesso, i nostri leader politici non si prendono la cura di salvare queste email e tenerle in archivio come ha fatto Hillary Clinton. A volte addirittura cancellano i messaggi.
“La soluzione più giusta – si legge in un altro passaggio del commento senz’altro originale di Johnson - non è applicare criteri più rigorosi sui documenti da archiviare, ma mettere l’archiviazione e i requisiti di trasparenza al servizio del lavoro da svolgere. Il reparto informatico dovrebbe chiedere: “di quali strumenti avete bisogno per poter svolgere il vostro lavoro nel miglior modo possibile?”, e partire da lì nel creare soluzioni per evitare che questo genere di cose diventi pratica ancora più diffusa di quanto non sia già”
Leggi il commento integrale di Clay Johnson, tradotto in italiano, su Medium