Online le mappe della persuasione
Ci sono mappe e mappe. Quelle che siamo più normalmente abituati a considerare come tali si limitano a fare il loro “onesto” lavoro di descrizione geografica. Altre partono dalla raffigurazione dei territori, ma se ne servono per fare altro, cercando di far passare determinati messaggi. Questa distinzione apparentemente bizzarra, e sulla quale avremo modo di tornare, ha ispirato il lavoro di PJ Mode. Collezionista di mappe storiche particolarmente attivo negli anni ‘80, da un certo punto in avanti Mode abbandonò l’interesse per quelle fin qui descritte come oggettive, finendo per dedicare tutte le attenzioni agli esemplari persuasivi. “Molti collezionisti - parole dello stesso Mode - storcevano il naso quando si imbattevano in esse: tecnicamente non le consideravano mappe. Però erano divertenti, e anche poco costose. Così, nel corso degli anni mi appassionai sempre più a esse, piuttosto che alle vecchie mappe del mondo”.
La passione si tradusse in una collezione che arrivò a contare oltre 800 esemplari. Ora è possibile ammirarli anche online, grazie ad un prezioso lavoro di digitalizzazione a opera della Cornell University’s Library. A suo tempo Mode aveva suddiviso la sua raccolta per categorie tematiche. Dalla pubblicità alla propaganda bellica, dall’imperialismo alle varie forme di messaggi rivolti all’opinione pubblica da istituzioni, partiti politici o altri soggetti organizzati, le mappe ripercorrono un universo estremamente vario di intenti più o meno persuasivi e manipolatori. Un viaggio affascinante, che parte idealmente con una raffigurazione italiana dell’inferno risalente al 1506, tra gli esemplari più antichi della collezione, e arriva praticamente ai giorni nostri, con una scherzosa copertina del New Yorker dedicata a una linea della metropolitana di New York.
Tra le varie categorie, anche quella delle mappe “non così persuasive”. Perché a ben vedere, tornando al tema introdotto all’inizio, il confine tra informare e manipolare è sempre molto labile. Ancor più se la base di partenza è uno strumento di raffigurazione geografica, qualcosa che per sua stessa natura si tende a considerare come intrinsecamente oggettivo. Lo stesso collezionista ne è sempre stato cosciente, e molto probabilmente è stata proprio questa ambiguità di fondo ad averlo stimolato così tanto.
“ Nessuna mappa racconta la realtà in maniera pienamente oggettiva - si legge sul sito della Cornell University’s Library - anche il cartografo animato dalle migliori intenzioni deve fare delle scelte: che prospettive utilizzare, cosa escludere, quali colori, ombreggiature, testi e immagini inserire; elementi che incidono sul messaggio finale. Ogni mappa si posiziona su un continuum ideale tra l’oggettivo e il soggettivo, la scienza e l’arte. Con questa collezione abbiamo a che fare con quelle che hanno superato un’immaginaria linea di confine, a sua volta tracciata con una scelta soggettiva, passando dalla semplice fornitura di informazioni geografiche alla veicolazione di un messaggio di parte”.
Quanto alla collocazione esatta di questa immaginaria linea di confine, lo stesso Mode fornisce un esempio particolarmente calzante. Il riferimento è a una mappa dell’Impero britannico risalente al 1890: la madrepatria e le colonie sono raffigurate in rosa, ma per il resto tutto sembra essere rappresentato in maniera assolutamente oggettiva. La mappa però mostra 490 gradi di latitudine, anziché i canonici 360. Grazie a questo trucco, l’Australia e la Nuova Zelanda compaiono due volte. Un piccolo accorgimento, praticamente impercettibile, per far passare l’idea di un impero addirittura più esteso e potente di quanto non fosse in realtà. “Nel panorama politico odierno - chiosa un articolo del sito CityLab - sarebbe molto utile avere un occhio particolarmente critico e allenato su come anche la cartografia possa essere usata per manipolare”.