Un atlante on line per tenere viva la memoria delle stragi nazifasciste
Dalla scorsa primavera è on line l’Atlante delle stragi naziste e fasciste, sito che cataloga e presenta su una mappa tutti gli episodi di violenza, sopruso e sopraffazione perpetrati dalle truppe naziste, con la collaborazione degli alleati fascisti, in Italia dal 1943 al 1945. L’Atlante è stato realizzato assieme ad altre iniziative promosse dopo l’istituzione di una commissione storica congiunta italo-tedesca, avvenuta nel 2009 a seguito di un accordo tra i governi dei due Paesi. Finanziato dal governo tedesco, e frutto di un lavoro di ricerca che ha coinvolto anche l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI) e l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI), il sito si compone di una banca dati degli episodi censiti e di svariati materiali informativi di corredo per ognuno di essi, tra i quali documenti, foto e video.
Nella banca dati – si legge sul sito – sono state catalogate e analizzate tutte le stragi e le uccisioni singole di civili e partigiani uccisi al di fuori dello scontro armato, commesse da reparti tedeschi e della Repubblica Sociale Italiana in Italia dopo l’8 settembre 1943, a partire dalle prime uccisioni nel Meridione fino alle stragi della ritirata eseguite in Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige nei giorni successivi alla liberazione. L’elaborazione su base cronologica e geografica dell’insieme dei dati censiti ha consentito la definizione di una ‘cronografia della guerra nazista in Italia’, che mette in correlazione modalità, autori, tempi e luoghi della violenza contro gli inermi sul territorio nazionale.
L’indagine storica è stata condotta a livello locale da un gruppo di oltre 90 ricercatori, che si è avvalso – oltre che dei risultati delle precedenti stagioni di ricerca, relativi in particolare a Puglia, Campania, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte – di tre serie di fonti comuni a livello nazionale: la banca dati degli episodi di violenza sui civili compiuti durante l’occupazione tedesca in Italia, elaborata dalla Commissione storica italo-tedesca sulla base delle relazioni dei carabinieri reperite presso l’Archivio dell’ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito e l’Archivio storico dei carabinieri di Roma; il Registro generale delle denunce per crimini di guerra raccolte a partire dal 1945 presso la Procura Generale Militare di Roma (illegalmente archiviate nel 1960), reperito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti (XIV Legislatura); le sentenze e i fascicoli dei procedimenti giudiziari dibattuti presso i Tribunali militari nel corso dell’ultima stagione processuale (dal 1994 ad oggi).
I risultati dell’indagine hanno permesso di censire oltre 5.000 episodi, inseriti nella banca dati, per ognuno dei quali è stata ricostruita la dinamica degli eventi, inserita nello specifico contesto territoriale e nelle diverse fasi di guerra, e accertata l’identità delle vittime e degli esecutori (quando possibile). A partire da alcune acquisizioni storiografiche consolidate – la presenza di un sistema degli ordini che legittima la violenza sui civili; i massacri come prodotto di un’ideologia espansionistica di stampo razziale, quella nazista, che mira a destrutturare i confini geografici e la dimensione sociale dell’Europa – la ricerca ha posto in evidenza l’intreccio fra le violenze perpetrate contro la popolazione inerme e gli obiettivi che l’esercito tedesco si poneva nei diversi tempi e spazi della guerra in Italia. Fra questi, la lotta contro gruppi di resistenza armata, considerati – in particolare quelli di matrice comunista – promotori di una guerra per bande illegittima e irregolare, che non si faceva scrupolo di utilizzare quali soggetti attivi dello scontro donne e bambini; le campagne di punizione degli oppositori politici; il disegno di sfruttamento delle risorse umane ed economiche, attuato attraverso i rastrellamenti e la deportazione di civili inviati al lavoro coatto; le operazioni di ripulitura del territorio in prossimità delle linee difensive e dei percorsi della ritirata; il rapporto di collaborazione con uomini e strutture repressive e amministrative della Repubblica sociale, a volte protagonisti di una propria autonoma strategia stragista.