Web Archiving: il servizio della Biblioteca Nazionale di Firenze
Nel mese di marzo, con un intervento sul sito di Forum PA, segnalato anche da noi, Costantino Landino e Lina Marzotti avevano lamentato uno scarso interesse delle istituzioni culturali e della conservazione italiane per ciò che concerne le attività e i progetti di web archiving e sollecitato una crescita dell’attenzione sull’argomento.
In risposta al commento, Chiara Storti è intervenuta sempre sul sito di Forum PA per presentare le caratteristiche di un servizio di web archiving avviato lo scorso anno dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e, più in generale, riflettere sui limiti, a cominciare dalla mancanza di una normativa nazionale di riferimento in materia, che frenano al momento l’intrapresa di un maggior numero di progetti e iniziative in tal senso. Di seguito, l’introduzione dell’articolo:
Il 20 marzo scorso è stato pubblicato, su queste pagine, l’articolo di Costantino Landino e Lina Marzotti “Perché dovremmo pensare al web archiving”. L’articolo che espone e problematizza egregiamente la tematica del web archiving sostiene però, sul finale, che:
“Nel contesto europeo, l’Italia emerge per la sua assenza. L’unica iniziativa nota a livello nazionale è stata realizzata nel 2006 dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze con una sperimentazione di web archiving del dominio “.it”, elaborata sulla scia del principio del deposito legale previsto dal DPR 252/2006, considerando, dunque, i siti web nazionali alla stregua di pubblicazioni bibliografiche o periodiche”.
A questa affermazione corre l’obbligo di ribattere, tentando di raccontare brevemente in cosa consiste il servizio di Web archiving che la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNCF) ha avviato oltre un anno fa; senza, beninteso, nessun intento polemico, ma con la sola volontà di dare risonanza ad un’attività che, anche per le ragioni esposte da Landino e Marzotti, riteniamo di importanza strategica per il nostro Paese.
Il contesto normativo nazionale e l’esigenza di conservare
Uno degli istituti fondamentali, in Italia come nel resto del mondo, che concorre ad agevolare la conservazione del patrimonio bibliografico (facendo rientrare in questa definizione tutto ciò che tradizionalmente è conservato nelle biblioteche, per lo più, informazione testuale di interesse culturale registrata su qualsivoglia supporto, analogico o digitale) è quello del deposito legale, normato nel nostro Paese dalla L. 106/2004 e dal suo Regolamento attuativo D.P.R. 252/2006. Il deposito legale dei documenti diffusi tramite rete informatica non è però ancora obbligatorio perché lo stesso D.P.R. 252/2006 all’art. 37 prevedeva che il deposito di tali documenti fosse subordinato alla redazione di uno specifico regolamento tecnico che, purtroppo dopo 13 anni, non è ancora stato emanato.
La mancanza di una specifica normativa nazionale in materia di deposito legale e conservazione dei documenti digitali di interesse culturale (diversa la situazione per i documenti di carattere amministrativo, la cui conservazione è disciplinata dal Codice dell’Amministrazione Digitale) crea evidentemente numerose difficoltà nell’attuazione di una mission, quella di preservare e rendere accessibile nel lungo periodo il patrimonio culturale, che molte biblioteche hanno a prescindere, e che la Biblioteca Nazionale di Firenze trova ufficialmente tra i compiti previsti nel Decreto del 2008 con cui viene riconosciuta Istituto dotato di autonomia speciale all’interno del MIBAC.
Non potendo, per altro, nascondere l’evidenza che la conservazione del digitale è ormai, anzi lo è da qualche decennio, una necessità de facto.
L’assenza di un quadro normativo di riferimento oltre ad una serie di ostacoli gestionali che tenteremo di analizzare velocemente di seguito, porta con sé, come facilmente intuibile, l’impossibilità di stanziare risorse economiche, umane e strumentali su questa attività in maniera proporzionata e continuativa...