Link rotti e dati scomparsi: se anche la memoria di Internet ci inganna
Attenzione a fare troppo affidamento su Internet e sulla sua presunta capacità di “ricordare tutto”. Fare troppo affidamento su questo assunto potrebbe condurci verso una nuova era di oscurantismo, digitale e non. Il monito, già più volte oggetto di riflessioni e commenti in passato, è stato nuovamente lanciato nel mese di agosto. A farlo è stata la giornalista Izabella Kaminska, firma del Financial Times, parlando di una decadenza, meglio ancora marcescenza digitale, che starebbe minacciando la nostra memoria collettiva.
La riflessione della Kaminska prende spunto dal decimo anniversario della crisi finanziaria che ha sconvolto e cambiato il mondo. La giornalista sostiene che gran parte degli articoli di retrospettiva pubblicati di recente sono molto distanti dai suoi ricordi di come si svolsero i fatti. Alcune informazioni fondamentali paiono mancare, altre le sembra siano state stravolte, e in alcuni casi è addirittura la ricostruzione temporale degli eventi ad apparire confusa. “Sto diventando pazza - scrive - o anche Internet è soggetta agli stessi problemi di perdita di memoria che mi affliggono? E se sì, perché?”.
Provando a darsi una risposta, la Kaminska cita innanzitutto il noto e diffuso problema dei link non più funzionanti. Molti degli articoli e documenti salvati nelle proprie note digitali personali, o finiti nelle pubblicazioni accademiche, non sono più online: il famigerato problema dei messaggi di errore 404, così frequente fin dagli albori di Internet, è stato tutt’altro che debellato, e la giornalista si meraviglia di come, a fronte di un cambiamento così radicale e profondo dell’ecosistema digitale negli ultimi 20 anni, si sia riusciti a fare così poco da questo punto di vista. Approfondendo la questione, la stessa giornalista riconosce che, tra siti e aziende tecnologiche che chiudono o comunque vengono acquisite e si trasformano, procedure che portano a cancellare, spostare o rendere accessibili gli articoli solo a pagamento, e rimozioni dei contenuti in nome e per conto delle nuove regole in materia di privacy e diritto all’oblio, le cause alla base di questi vuoti di memoria sono davvero tante e difficilmente arginabili.
Come se non bastasse, non sono solo i siti e servizi di informazione gestiti da testate giornalistiche e affini a soffrire di queste amnesie. Anche quanto raccolto e conservato da tutti noi in forma privata corre gli stessi rischi. In questo caso sono i problemi di obsolescenza tecnologica a costituire la principale minaccia. Salviamo file e contenuti su device popolari in un determinato momento, ma magari sorpassati dal progresso nel giro di pochissimi anni. Le dinamiche sono diverse da quelle descritte in precedenza, ma il risultato è lo stesso: considerevoli quantità di memoria individuale e collettiva perse in maniera irreversibile.
La Kaminska riconosce che ci sono dei mezzi, e soprattutto dei soggetti, che stanno provando a contrastare il fenomeno. L’Internet Archive viene paragonato alla Biblioteca di Alessandria e la giornalista ne loda il notevole sforzo di fotografare attimo dopo attimo il web, servendosi della Wayback Machine. Tuttavia, sottolinea come questo strumento non possa essere infallibile, soprattutto perché non riesce scandagliare la sterminata galassia dei contenuti digitali nella sua interezza, e sempre meno riuscirà a farlo in futuro, anche solo in considerazione dei costi assolutamente proibitivi che occorrerebbe sobbarcarsi per far fronte ad una marea di informazioni in drammatica crescita esponenziale.
Concludendo, la giornalista riconosce che il problema della perdita delle informazioni e dei saperi non è certo una caratteristica esclusiva della nostra epoca. In passato le biblioteche bruciavano e i monaci incaricati di ricopiare i manoscritti facevano errori che ne cambiavano il senso per sempre. Quello che è diverso, a suo avviso, è che allora si era assolutamente coscienti di questi problemi e si dedicava la massima attenzione alle attività di archiviazione e conservazione delle informazioni. Oggi invece, troppo spesso sembra si demanda pigramente a Internet questa funzione, nella sicurezza che il medium, in totale autonomia, possa fare da garante automatico della nostra memoria. “Se riponiamo troppa fiducia nell’infallibilità mnemonica di Internet - ammonisce la Kaminska - potremmo essere proiettati in una nuova era di oscurantismo: un’epoca in cui sarà impossibile avere certezza sull’affidabilità delle informazioni pubbliche e per tutte le vicende si finirà per disporre solo ed esclusivamente di impressioni e visioni soggettive”.