Scrivo e poi cancello: comincia l’era del tweet deleting?
“Non stiamo mica parlando di dissertazioni accademiche. Sono social media”. Potrebbe bastare questa frase del produttore radiofonico canadese Matthew Lazin-Ryder per spiegare il “tweet-deleting”, ossia la tendenza sempre più diffusa a cancellare i propri tweet, ma anche post pubblicati su altre piattaforme di condivisione, poco dopo la loro pubblicazione. All’argomento ha dedicato un articolo il magazine on line Fusion, provando a far luce sui motivi che spingono migliaia di persone a cancellare il proprio passato social, in barba alla regola che vorrebbe ogni cosa condivisa in rete se non proprio eternata, visto che il web a ben vedere ha non pochi problemi di durata, sicuramente scolpita su qualcosa di meno effimero della sabbia. “I tweet sono pensieri momentanei – spiega a Fusion il produttore canadese – e così come non mi sognerei di incorniciare gli schizzi del mio taccuino, perché dovrei preoccuparmi di conservare quei messaggi per l’eternità?”.
Un altro motivo frequente alla base del tweet-deleting ha a che fare con le conseguenze che possono derivare dalla loro permanenza on line. C’è chi ha rovinato la propria reputazione per quanto postato, chi ha perso il lavoro, e addirittura chi è stato inchiodato a responsabilità ancora più gravi a causa delle tracce lasciate sui social. È quindi normale che le cautele stiano crescendo esponenzialmente, anche se – concedono a Fusion – è innegabile che ogni singola gaffe o mossa sbagliata, specie se da parte di celebrità e personaggi pubblici, sia ormai destinata a sopravvivere a qualsiasi tentativo di occultamento.
In fondo questo non è nemmeno un male, ed è anche per questo che istituzioni come la Library of Congress o l’Internet Archive si premurano di conservare il maggior numero possibile di contenuti pubblicati sui social media. L’approfondimento di Fusion, in ogni caso, non è particolarmente dedicato a chi cerca di farla franca premendo ripetutamente il tasto elimina, quanto piuttosto a chi ricorre a questa pratica per liberarsi da un passato ingombrante a prescindere. Cercando così di restituire ai social media, e in particolare a Twitter, quella leggerezza di fondo che ne aveva decretato lo strepitoso successo iniziale. Che questi canali siano e restino semplicemente luoghi in cui ognuno è libero di chiacchierare – è il loro pensiero – senza l’assillo che tutto venga schedato e sia pronto a riemergere, spesso in maniera assolutamente decontestualizzata, anche anni dopo.
Un pensiero per nulla banale – sottolineano a Fusion – agli occhi di aziende che stanno progettando modelli di business basati sull’archiviazione di ogni singolo contenuto, per accrescere l’appeal agli occhi di investitori, inserzionisti e simili. Certo è che se sempre più persone si dedicano alla cancellazione dei propri post, e se addirittura sta nascendo un mercato di riferimento per soddisfare le loro esigenze (TweetDelete, Tweet Deleter e TwitWipe alcuni dei servizi più popolari), anche i social media dovranno adattarsi e cercare un compromesso tra la bulimia di dati e il desiderio di maggiore di spensieratezza degli utenti.
Non è insomma un caso se questo è il momento d’oro per servizi come Snapchat, grazie al quale è possibile scambiare foto e messaggi che scompaiono automaticamente una volta letti dai destinatari. “Sempre più giovani sensibilizzati sul tema della privacy stanno migrando velocemente dove i dati sono meno permanenti” – scrive Fusion – e in considerazione di ciò, non sarebbe sorprendente se ben presto anche giganti come Twitter e Facebook lanceranno funzioni per l’eliminazione sistematica dei post.
Scripta manent, insomma, ma se è vero che sui social media per lo più ci limitiamo a fare chiacchiere, ben vengano evoluzioni che trasformino parte di quanto scritto, fotografato o filmato in parole libere di volare via alla prima folata di vento.