Dai libri ai gattini: i bibliotecari nell’era dei meme
Dopo avere lavorato alla catalogazione di contenuti per la community Know Your Meme, Amanda Brennan si occupa al momento di intercettare e valutare le principali tendenze sulla piattaforma di condivisone Tumblr, alla ricerca di meccanismi di condivisione virali degni di essere segnalati e preservati dall’oblio. È soprattutto per questo che Julia Fenrnandez, esperta di conservazione digitale in forza alla Library of Congress, l’ha intervistata per il blog The Signal. La conversazione si inserisce in un più ampio solco avviato di recente sulle pagine del blog, per approfondire il lavoro di chi cerca di rendere l’effimero un po’ meno effimero, nella convinzione che in contenuti apparentemente vacui come le gif animate, i meme e tutto quanto più in generale attiene alla sfera del folk digitale, ci siano significative testimonianze del nostro presente che vale la pena tramandare ai posteri.
Da buona e navigata filologa, la Brennan precisa innanzitutto che il termine meme fu coniato nel 1976 dal biologo Richard Dawkins. Nel suo best seller “Il Gene egoista”, stava a indicare quelle informazioni genetiche che si tramandano di persona in persona, tendendo spesso a mutare durante tali passaggi. Nel gergo di Internet invece, i passaggi e le mutazioni restano, ma il riferimento è ai video, alle immagini e a tutti gli altri tipi di contenuti che catturano l’attenzione di milioni di persone, e in virtù di ciò acquisiscono lo status di virali. Lo stesso Dawkins – aggiunge l’esperta – ha precisato di recente che la maggiore differenza risiede nella natura delle mutazioni: non intenzionali in genetica, frutto della creatività individuale su Internet.
Quanto al perché sia necessario spendere tempo e attenzioni per tramandare gattini, rane o professori improbabilmente lanciati su uno skateboard, la Brennan parla di contenuti che “riflettono il nostro tempo e specifici momenti nella cultura di Internet”.
“Tutti – prosegue – ci dicono qualcosa su come le persone reagiscono ad alcuni aspetti della loro vita on line. Registrare questi piccoli momenti è come registrare la storia locale, piccole informazioni che messe insieme possono riempire un vuoto, evitando che in futuro la storia dei nostri giorni sia incompleta. Non solo: questi contenuti ci dicono anche di come la cultura contemporanea reagisce agli eventi della vita e domani ci diranno cosa pensavamo dei fatti del mondo”.
Nell’intervista si pone anche l’accento sulla estrema volatilità dei contenuti di Internet: l’impressione è che sono e saranno per sempre a portata di mano – è la sintesi dell’esperta – ma non è così, e una volta persi, spesso si rischia di non riuscire mai più a recuperarli. “Si tratta di una tra le sfide più dure per chi svolge un lavoro come il mio” – argomenta a riguardo – lodando strumenti come l’Internet Archive o i Geocities archives, baluardi fondamentali, seppure non sufficienti, per chi ha a cuore la conservazione della memoria digitale. Altrettanto arduo è poi il compito di risalire al contenuto originale dal quale scaturisce un meme. “Anche per questa attività ci sono strumenti cone la ricerca tramite immagini di Google o l’analoga funzione Karma Decay per Reddit, ma non sempre sono efficaci”.
Al cuore della conversazione, la Brennan prova a spiegare cosa fa di preciso una “bibliotecaria di Internet”, e più in generale che apporto possono dare i professionisti come lei alle web companies.
“Quando ho cominciato a lavorare nella biblioteca della mia scuola – risponde – ho capito che non volevo spendermi professionalmente in una biblioteca tradizionale. Ho sempre amato l’informazione on line e la cultura di Internet, e volevo creare un ponte tra questi due ambiti. Adoro individuare dei riferimenti in rete (…) e sono molto abile nello scovare cose che qualcuno fa fatica a trovare.
Lavorando per società web, spero di poter portare in dono uno sguardo fresco a chi si occupa di aspetti tecnologici. I bibliotecari possono offrire molto al mondo di Internet, perché capiscono le connessioni che occorre creare a livelli profondi tra le informazioni. Ma ora che il mondo diventa sempre più digitale, è ugualmente importante che le biblioteche si aprano alla tecnologia, assicurandosi di essere accessibili on line e in particolare su mobile”.
Un ultimo cenno viene dedicato a come le principali istituzioni della conservazione potrebbero ripartirsi il lavoro, per proseguire la propria missione nell’era di Internet. Le biblioteche dovrebbero interessarsi soprattutto delle informazioni pubblicate dalle testate locali, risponde la Brennon, mentre gli archivi dovrebbero concentrarsi sui “pilastri” della cultura web, quali ad esempio Reddit e gli altri forum più popolari on line, magari attingendo a questa lista dei siti la cui perdita sarebbe devastante. Quanto ai musei infine, la speranza della Brennan è che alle esposizioni “in carne e ossa” se ne affianchino sempre più altre on line, a partire da opere native in digitale. Su Tumblr ad esempio, il MoMA di San Francisco invita gli artisti a postare le proprie opere. “Ogni settimana – spiega – una manciata di post sono selezionati dallo staff e condivisi coi follower. Così facendo, non solo gli artisti emergenti possono proporsi a un museo prestigioso, ma si presentano anche a un nuovo pubblico. E l’empowerment che ti arriva da un museo che condivide le tue opere non è paragonabile a nessuna altra forma di promozione”.