OAIS: entro breve la revisione
A due anni dall’avvio, il percorso di revisione dello standard OAIS - Open archival information system (ISO 14721:2012), si sta avviando a conclusione. Nato in ambito spaziale nel 2002 su iniziativa del Consultative Committee for Space Data Systems (CCSDS), l’OAIS si è imposto negli anni come il più importante standard internazionale in materia di conservazione a lungo termine dei contenuti digitali, e non a caso è stato indicato come modello di riferimento nelle Regole tecniche italiane in materia di conservazione digitale.
L’ultima revisione dello standard risale al 2012, e per rendere quella in corso il più possibile aperta e partecipata, nel 2017 il CCSDS Data Archive Interoperability Working Group (DAI) ha lanciato una iniziativa di ascolto rivolta a tutti i portatori di interesse. A tale percorso ha partecipato anche una community di esperti e professionisti internazionali del settore, a loro volta promotori di un percorso di confronto e dialogo informale sul tema, nell’anno precedente all’avvio della consultazione ufficiale.
Barbara Sierman, archivista digitale olandese tra gli esponenti più attivi della community, ha pubblicato di recente un resoconto sugli esiti del percorso di ascolto. Sono oltre 200 le proposte di revisione dello standard formulate al CCSDS e la gran parte di esse - scrive la Sierman - è stata accettata. Per lo più, si tratta di richieste relative ad aspetti terminologici, specie per chiarire meglio alcuni concetti chiave. L’esperta fa l’esempio del termine ‘Transformation Information Property': nel nuovo standard, questo concetto conterrà una nota che lo metterà in relazione al più utilizzato concetto di ‘Significant property’, sebbene - precisa la Sierman - con l’accortezza di specificare che “il termine ‘Significant Property’ viene talvolta utilizzato secondo modalità di senso che lo rendono assimilabile al concetto di ‘Transformational Information Property’”.
Tra gli altri cambiamenti proposti e accettati, la distinzione tra il termine ‘Archive’, così come propriamente inteso nel lessico dell’OAIS, e il più generico ‘archive’. Alcune modifiche hanno invece a che fare con l’evoluzione delle pratiche in materia di conservazione. “Ad esempio - scrive la Sierman - la parola ‘migration’ non viene più indicata come l’unica azione di conservazione realizzabile, e in svariati punti, laddove prima la soluzione suggerita era sempre e solo la ‘migration’, si fa riferimento al concetto più generico di ‘preservation plan’”.
In alcuni casi le descrizioni sono state ulteriormente estese, di modo da essere il più possibile esplicative. È il caso del concetto molto discusso di ‘Designated Community’. D’ora in avanti, per questo termine si intenderà “un gruppo identificato di potenziali consumatori che dovrebbero essere in grado di comprendere un particolare set di informazioni secondo le modalità semplificate dai ‘Preservation Objectives’, concetto a sua volta oggetto di revisione e ora descritto come “uno specifico obiettivo raggiungibile che può essere realizzato utilizzando l’‘Information Object’”.
Nell’articolo della Sierman è possibile trovare ulteriori dettagli sulle proposte di revisione accolte dal CCSDS e delucidazioni sull’iter che porterà alla definitiva revisione dello standard. I prossimi passaggi fondamentali sono quelli attraverso i quali il Technical Committee 20/SC 13, Space data and information transfer systems, responsabile dello standard OAIS, raccoglierà ulteriori proposte di revisione dal Technical Committee 46/SC 11, Archives/records management, e a seguire dagli organismi nazionali di normazione, tra cui anche l’italiano UNI, Ente nazionale di unificazione. “Si tratterà - scrive la Sierman - di uno sguardo sullo standard da una prospettiva più ampia, essendo i comitati tecnici composti non da soli professionisti della conservazione”.
In conclusione, il bilancio dell’archivista olandese sull’iniziativa di ascolto è positivo: “la possibilità di revisionare gli standard internazionali è sempre limitata, perché è necessario mantenere un minimo di compatibilità con le versioni precedenti. Ciò detto, questo percorso dimostra che un approccio più trasparente può portare alla definizione di uno standard maggiormente aderente alle pratiche attuali. A questo punto, tutti i professionisti della conservazione che partecipano agli organismi nazionali di normazione avranno un’ultima opportunità per formulare le proprie proposte di revisione, e valutare se tutte quelle già suggerite siano effettivamente chiare e implementabili”.