Un caso d’attualità riaccende i riflettori sulla vulnerabilità delle risorse digitali
Sul sito di DPC, Digital Preservation Coalition, è stato pubblicato un appello per sensibilizzare la community internazionale della conservazione digitale sulle recenti azioni istituzionali che stanno compromettendo in maniera significativa l’operato dell’agenzia USAID, tra cui l’improvvisa chiusura dei siti e delle piattaforme digitali di sua pertinenza.
USAID, United States Agency for International Development è l'agenzia del governo degli Stati Uniti che si occupa della fornitura di varie forme di aiuto e sostegno allo sviluppo in ambito internazionale. Tra le sue sfere di intervento rientrano la lotta alla povertà, il miglioramento della salute globale, il supporto all’istruzione, la sicurezza alimentare, il sostegno all’agricoltura, la tutela ambientale, la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, l’assistenza sanitaria e la salvaguardia dei diritti umani.
Nei primi mesi di quest'anno, dopo essersi insediata, la nuova Presidenza americana ha preso una serie di decisioni che hanno fortemente limitato il raggio d’azione dell’agenzia: dalla radicale riduzione dei finanziamenti, alla messa in congedo di gran parte del personale, all’interruzione di svariati programmi umanitari, fino alla chiusura dei siti e dei canali digitali di svariati progetti riconducibili al suo operato, a cominciare dallo stesso portale usaid.gov.
Tra i progetti interessati, nell’appello rilanciato da DPC si fa riferimento a FEWS NET, consistente in un sistema di allerta precoce per le carestie; Development Experience Clearinghouse (DEC), con il quale si raccolgono documenti ufficiali, dati e valutazioni di impatto su decenni di programmi di sviluppo finanziati dall’agenzia; le piattaforme Learning Lab e i Links sector-based sites, che offrono attività di formazione e risorse per gli operatori; e il portale FA.gov, che rende disponibili i dati sull'assistenza estera statunitense.
Secondo i promotori dell’appello, con la chiusura, o in alcuni casi anche il semplice downgrade informativo di questi canali, si materializza il rischio di perdere un enorme corpus di risorse e conoscenze di vitale importanza per garantire la prosecuzione delle varie politiche di aiuto in capo a USAID. La portata dell’operazione è tale per cui nel testo si paventa lo scenario di un vero e proprio epistemicidio, termine col quale si fa riferimento alla distruzione deliberata e sistematica di un intero sistema di conoscenze.
A sostegno della tesi, i fatti di cronaca riguardanti USAID vengono inquadrati in un più ampio contesto di iniziative che stanno portando alla cancellazione sistematica di dati, informazioni e contenuti, e in alcuni casi anche alla soppressione di termini lessicali giudicati controversi, in diversi ambiti. Tra questi, le politiche sanitarie, come quelle per le vaccinazioni e la gestione delle pandemie, o la tutela dei diritti LGBTQ e di altre minoranze.
“Siamo in presenza di un nuovo rogo dei libri - si legge nell’appello - in cui l'epistemicidio digitale e quello ideologico si combinano. In passato, i libri e altri documenti venivano bruciati pubblicamente in piazza (...) Nel caso di USAID, la distruzione sta riguardando risorse digitali di fondamentale importanza per provare a risolvere problemi complessi e dalla portata enorme”.
In conclusione, i promotori dell’appello invitano la comunità internazionale dei lavoratori della conoscenza, tra cui i professionisti della conservazione digitale, a mobilitarsi per arginare le conseguenze delle operazioni in atto. Tra le azioni suggerite, si auspica la salvaguardia dei contenuti e dei dati pubblicati sui siti e sulle piattaforme cancellate, ad esempio attraverso la creazione di nuove copie dei documenti e la loro archiviazione su database collocati al di fuori degli Stati Uniti.
“Dobbiamo riconoscere la vulnerabilità delle nostre risorse digitali - concludono i promotori dell’appello - agendo individualmente e collettivamente, anche facendo leva sul supporto di organizzazioni internazionali non governative come la Digital Preservation Coalition”.